"Amlin Challenge Cup mismatches: 49-3... 59-6... 68-0...: Questi sono solo alcuni dei risultati dello scorso weekend, le bastonate continuano a venir dispensate su base regolare nel torneo tra i club europei di seconda fascia. Di primo acchito, l'idea alla base della Amlin Challenge Cup ha un senso. Ma il format attuale produce troppi risultati a senso unico, dove nessuno in realtà vince, anche se si porta a casa risultati tipo cricket (senza scherzi, Brive rifilò 166 punti a El Salvador la scorsa stagione).
Trecento persone in tutto si sono presentate allo Stadio XXV Aprile di Parma, per vedere i Crociati strapazzati dai rincalzi di Worcester, mandare i quali a farsi un weekend in Italia non è esattamente a buon mercato. Tutti riconosciamo che i Paesi rugbisticamente minori e i club europei possano trarre benefici da una competizione internazionale, ma quando si ritrovano giganti come lo Stade Français contro i Bucharest Wolves, dove sta l'interesse?"
E' triste ma va preso atto che in giro per l'Europa non esiste la "mentalità FA Cup", dove uno Stoke City va oltre sè stesso e arriva a sfidare in finale a Wembley davanti a 80.000 spettatori il Manchester City. La nota di PlanetRugby conclude che forse è ora di pensare a strutturare le competizioni di club europee su tre livelli; un eufemismo per dire, separare i "secondi non in Heineken" delle nazioni evolute dagli altri.
Tant'è, se andrà così sarebbe inutile piangere sul latte versato, dopo che molte italiane da anni partecipano alla Challenge quasi solo "per la grana" elargita dalla Fir che procura il punticino di bonus piuttosto che la vittoria casalinga sugli spagnoli di turno. Se il "rilancio del rugby" in Italia passa per davvero dal ridimensionamento semipro (abbiamo dubbi, ma pazienza), se ne prenda atto e ci si confronti coi pari livello. Ad esempio in un torneo di selezione europea preliminare, inclusivo di club georgiani, portoghesi, spagnoli e rumeni assieme a lituani, russi e ucraini. Se non altro produrrebbe l'effetto di qualificare alla Euro Challenge solo chi ci creda veramente. Ancor più che per i cappotti, non è decisamente nell'interesse del prodotto rugby di alto livello, "svendersi" a 300 tra parenti, fidanzate e junior.