Poco Ossigeno per il giornalismo italiano

Creato il 11 ottobre 2012 da Oblioilblog @oblioilblog

Aggressioni, querele, minacce, pene detentive: ci sono tanti modi per fermare un giornalista e per impedire che esegua in maniera libera il suo lavoro. Se ci fosse un album di figurine che raccolga tutti questi metodi poco ortodossi, quello dell’Italia sarebbe completo.

La fotografia la scatta il rapporto sui giornalisti dell’osservatorio Ossigeno per l’Informazione, presentato venerdì al Presidente della Camera Gianfranco Fini.

Nel 2011 i giornalisti minacciati sono aumentati del 125% rispetto all’anno precedente. I casi certificati sono 324 ma la cifra reale, comprendendo quelli non venuti a galla per timore o altri motivi, ammonterebbe a più di 10 mila. Un giornalista su dieci contando il totale degli iscritti all’Ordine.

La poco ambita palma di episodi più allarmanti del 2011 la vincono le minacce di morte al giornalista de L’Espresso Lirio Abbate e l’assalto alla redazione del quotidiano Metropolis a Castellamare di Stabia, la cui vendita è stata impedita agli edicolanti con un raid. 

Il documento segnala poi l’aumento di richieste di risarcimento da parte di politici o dipendenti della pubblica amministrazione, modo molto efficace per intimidire un cronista, soprattutto locale, visto che non tutti possono permettersi di pagare migliaia di euro per una frase magari veritiera ma ritenuta offensiva dal potente di turno.

La maglia nera per quanto riguarda le minacce spetta alla Campania, alla Sicilia e al Lazio. I giornalisti più a rischio sono quelli locali, come indicava anche il rapporto del 2010 dell’Unesco dove sottolineava che l’80% dei reporter uccisi era appunto locali. Questo succede perché i cronisti locali non hanno quella scorta mediatica e quella protezione di cui sono dotati i colleghi più quotati e popolari.

È balzato agli onori della cronaca la recente condanna a 14 mesi per il direttore dimissionario de Il Giornale Alessandro Sallusti, comminata dalla Cassazione in contrasto con una sentenza del 2009 dell’Alta Corte di Strasburgo.

Qualcosa da questo fronte si muove visto che il Parlamento, con un disegno di legge bipartisan, ha chiesto di sostituire per la diffamazione il carcere con una multa di almeno 5000 euro, da sommarsi al risarcimento.

Sono più campanne a chiedere l’abolizione delle manette per i reati di opinioni: dall’International Press Institut di Vienna, all’OCSE, alla rappresentante per la libertà nei media Dunja Mijatovic. Secondo queste autorità del settore, i giornalisti italiani sono spinti all’autocensura da un uso punitivo della diffamazione a mezzo stampa e sono pressati dal clima di violenza e intimidazione che regna nel giornalismo italiano e dall’alone di impunità che circonda chi minaccia i cronisti.

Fonte: Il Fatto Quotidiano


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