Ispirandosi alla storia vera di Paul Grappe, caporale francese che decide di disertare per sfuggire agli orrori della prima guerra mondiale travestendosi da donna per oltre dieci anni e diventando uno dei primi e più famosi travestiti del Bois de Boulogne – raccontata da Fabrice Virgili e Danièle Voldman in “La garçonne et l’assassin. Histoire de Louise et de Paul, déserteur travesti, dans le Paris des années folles” – Cruchaudet porta in scena, con una (quasi) monocromia molto espressiva, un tema estremamente attuale. Lei ce ne ha parlato così.
Buongiorno, Chloé: puoi presentarti ai lettori de Lo Spazio Bianco ? Qual è stato il tuo percorso nel mondo del fumetto?
Ho 37 anni, sono nata a Lione ma vivo a Parigi. Ho lavorato per molto tempo nel cinema d’animazione prima che uno dei miei progetti fosse pubblicato.
La storia raccontata nel tuo ultimo libro è tratta da un’opera letteraria. Come mai hai scelto proprio questa?
Per il mio libro mi sono servita di un altro libro, scritto da due storici accademici, che sono incappati nella storia di Paul. Non si tratta di un romanzo, è un testo molto ben documentato, ma loro non danno interpretazioni sulle zone d’ombra della vicenda. Tanto meglio per me, perché questo ha lasciato spazio alla mia visione personale. Ho collaborato con loro, e mi hanno dato libero accesso alla loro documentazione, ai documenti digitalizzati.
Magari un altro autore avrebbe potuto scegliere di dare maggior importanza al peso della mascolinità, anche questo sarebbe stato interessante, ma non è stata la mia scelta. È veramente importante, secondo me, apportare le proprie riflessioni, le proprie domande, la propria personalità, per cercare di andare al di là dei semplici fatti.
Quanto sei stata fedele al testo e quanto ti sei sentita libera di aggiungere dei particolari? Che cosa hai dovuto cambiare e/o sacrificare, cosa invece hai esaltato?
Avere una base, degli archivi, non vuol dire che il lavoro sarà più semplice. Quando si lavora con della documentazione, si accumulano tantissimi elementi. Ci si può sentire seppelliti o asfissiati dalla quantità di informazioni. Quindi bisogna togliere, selezionare, aggiungere… è una specie di costrizione, ed esattamente come accadeva per gli scrittori surrealisti (come Perec che ne La sparizione si vietò di utilizzare la lettera E) essere costretti può paradossalmente stimolare l’immaginazione.
Nella storia di Paul, ci sono episodi della sua vita che sono inverosimili, eppure veri, che non ho inserito nel mio racconto. Per esempio il fatto che Paul fosse diventato campione femminile di paracadutismo, è un fatto interessante perché vuol dire che persino le autorità sportive si sono lasciate ingannare, ma è talmente incredibile da non essere più verosimile… Paul ha vissuto un anno in Spagna, e io non ho messo neanche questo perché avrebbe costituito una digressione troppo ampia: bisogna anche pensare in termini di ritmo del racconto, soprattutto in un volume con una grande foliazione.
L’altro problema che mi si è posto ha riguardato tutta la sfera dell’intimità, le relazioni di coppia: evidentemente non c’erano documenti. Quella che ho dato è la mia interpretazione della loro storia d’amore. Per tutto quel che riguarda il Bois de Boulogne, ne ho proposta una visione ludica ma, in realtà, non si sa bene cosa sia successo. Si sa solamente che Paul aveva ricevuto delle lettere d’amore da uomini che vi aveva incontrato e che era considerato come una specie di diva del Bois de Boulogne.
Bianco, nero… e rosso, il colore della passione e del sangue: è questo il motivo della scelta?
Ho utilizzato il colore in maniera non realista ma simbolista. Il rosso, a parte essere il colore del sangue, simboleggia il passaggio della femminilità da Louise a Paul, che finisce per diventare più «donna» della sua stessa sposa. Durante la guerra i cieli sono verdastri, per esprimere il disagio: i colori sono utilizzati per rinforzare i sentimenti e le atmosfere.
Chi sono i tuoi maestri, graficamente? E chi i tuoi sceneggiatori preferiti?
Amo le opere di Emmanuel Guibert, Blutch, Frederic Peeters… E come sceneggiatore Fabien Veihlman.
Ritengo che la scrittura sia l’elemento principale anche nel fumetto, più che la capacità di fare dei bei disegni: il disegno stesso deve diventare una forma di scrittura che si mette al servizio di quello che si sta raccontando. Allo stesso modo dei carnet di schizzi, tengo anche carnet di appunti, dove metto le parole che mi piacciono, i dialoghi strani che mi è capitato di sentire… Ogni volta tengo anche una specie di “giornale di bordo” che rileggo durante il lavoro, per non perdere il filo delle mie intenzioni originarie. Contiene le mie ambizioni, le emozioni che mi piacerebbe provocare nel lettore, pezzi di dialoghi, immagini simboliche, e vado regolarmente a pescare in questi appunti.
Quando entro nella fase di scrittura dei dialoghi, mi dispongo in uno stato di pieno relax, penso ai miei personaggi in una certa situazione e cerco di immaginare quello che potrebbero dirsi e quel che succede fra loro. Da fuori sembro una grande scansafatiche che non fa niente, visto che ho bisogno di essere molto rilassata, quasi in uno stato di dormiveglia, e solo così provo le scene nella mia testa, sento le voci dei miei personaggi. All’inizio non si tratta che di suoni, impressioni di atmosfere. L’immagine viene dopo.
Dopo aver scritto la sceneggiatura e preparato uno storyboard succinto, mi lancio nel disegno a matita. Faccio numerosi schizzi veloci della stessa scena, e scelgo poi quello che mi sembra più energico. Lavoro su fogli sparsi, che formano un puzzle. Dopo la tappa di disegno a inchiostro di china, affino con dei pennelli di Photoshop che imitano la resa del carboncino, e aggiungo i colori. Cerco di restituire le sensazioni, gli odori, il calore, la luminosità, per coinvolgere il lettore nel racconto.
I tuoi libri sono sempre di ambientazione storica. Che cosa ti affascina del passato? È più facile da raccontare del presente, secondo te (e comunque i temi, come in questo caso, possono essere molto attuali)?
È vero, amo molto la storia, e tuffarmi negli archivi per me è sempre un piacere. È stato molto commovente avere in mano le lettere scritte da Louise, toccare delle foto originali… mi sono dovuta documentare sulle gueules cassées, i traumi della guerra (sono incappata in delle foto che mi hanno completamente sconvolta). Sono andata a passeggiare nella Parigi proletaria, come a Belleville, che può ricordare il luogo in cui hanno vissuto Paul e Louise. Là, ho realizzato degli schizzi che mi hanno ispirato le ambientazioni.
Per me è uno modo di allontanarmi dal mio quotidiano, salvaguardando le preoccupazioni della mia epoca: la questione di genere è sempre d’attualità, così come quella di sapere ciò che è innato, ciò che è acquisito.
Hai vinto diversi premi con le tue opere. Qual è stato il momento di maggior soddisfazione?
Di ognuno dei premi che ho ricevuto, sono stata sia molto sorpresa sia molto emozionata.
Qual è il prossimo progetto?
Sto lavorando a due progetti, uno per ragazzi che parla di bambini che vogliono evadere dal mondo degli adulti, e un altro in collaborazione con uno sceneggiatore, Thomas Cadene, una storia molto più cupa su una coppia di giovani ricchi che nella vita si annoiano, e commettono atti atroci per «sentirsi vivi».
Conoscevi già Lucca Comics, prima di essere invitata? Sei contenta di partecipare?
Avevo sentito parlare di Lucca ma non ci sono mai andata. Ma come molti francesi amo molto l’Italia, per cui non vedo l’ora di venire…
Complimenti per il tuo lavoro e grazie mille per aver risposto alle domande de Lo Spazio Bianco.
Intervista realizzata via mail il 26/10/2014
Abbiamo parlato con Chloé Cruchaudet di:
Poco raccomandabile
Coconino Press – Fandango Collana: Coconino Cult, ottobre 2014
168 pagine, brossurato, a colori, 19 euro
ISBN: 9788876182679