Queste logiche sono entrate in crisi e hanno dato vita a movimenti di destra e di sinistra in contrasto le eliltes tradizionali ormai subalterne ai poteri economici che ormai come in Francia, in Italia, in Gran Bretagna, in Portogallo e come è avvenuto in Grecia emergono dal malcontento e dal disorientamento diventando credibili sfidanti. Non sarà certo l’accusa, mai peraltro definita di populismo delle informazioni di regime a fermarli, tanto più che il vero populismo e la demagogia delle elemosine è in realtà il terreno principale delle governance tradizionali che in questo modo cercano di resistere o di contrattaccare.
Tuttavia i problemi di governabilità come quello spagnolo non nascono dall’ampiezza della contestazione quanto invece dalla difficoltà di scrollarsi di dosso i condizionamenti culturali, i miti e l’egemonia culturale del pensiero unico. Questo in alcuni casi può portare come in Grecia al vero e proprio tradimento delle promesse, altrove come in Spagna la potenza subliminale delle incertezze e dei ripensamenti, forse l’assenza di una chiara visione alternativa, può provocare la perdita dei consensi potenziali e dunque l’emergere di situazioni ambigue. Un anno fa, prima del disastro Tsipras, Podemos era dato come primo partito di Spagna mentre adesso in termini di voti è al quarto posto, dietro Ciudadanos e circa alla metà dei socialisti. Hanno pesato le sempre maggiori corrività nei confronti della governance europea e delle teorie austeritarie, la santificazione dell’euro, l’appannarsi dei temi sociali e come se non bastasse persino la difesa ad oltranza di Tsipras. Così adesso un partito che avrebbe potuto benissimo veleggiare sul 20 per cento rendendo possibile un governo che scalzasse i popolari di Rajoy è al 12 %, Probabilmente Iglesias e il gruppo dirigente se ne sono resi conto tanto che adesso condizionano una loro partecipazione a una coalizione di governo a un referendum sull’indipendenza della Catalogna, vale a dire l’esatto contrario della tesi accordista che Podemos aveva sostenuto appena a settembre per le elezioni nella regione ribelle.
Insomma Podemos ha inesplicabilmente rinunciato a sfruttare a fondo la crisi di credibilità delle forze tradizionali e in particolare dei socialisti, inaugurando una propria via all’ambigua e incerta attendibilità. E questo o almeno anche questo, ha creato quei vuoti nella politica spagnola a cui si deve in sostanza l’ingovernabilità. Certo è probabile che si arrivi a un esecutivo di destra con l’astensione socialista che sarebbe una manna per un movimento come quello di Iglesias che ancora non ha deciso cosa fare da grande, ma è certo che senza un’idea politico sociale in radicale contrasto col liberismo, le sue manifestazioni istituzionali e i suoi strumenti, la governance europea sarà bombardata solo da falsi allarmi.