L'altro giorno ho letto su I luoghi dell'infinito, (una rivista molto bella, che ho scoperto durante i mesi trascorsi a lavorare in libreria), questa poesia di Margherita Guidacci che mi ha colpito molto perché è davvero profonda, come l'eternità. Mi è piaciuta l'immagine di noi uomini come mare, onde che si infrangono continuamente sulle rive di questo "mutevole abisso".
All'eterno
Come onde la tua riva tocchiamo,
Ogni istante è confine tra l'incontro e l'addio.
Dal nostro mare in te fuggire, nel nostro mare fuggirti:
Non altro è di noi labili il destino.
Né tregua mai ci è data, anche se amore
Od altra arcana ansia più lontano ci spinse
Sulle tue sabbie, in vista delle torri
Della superba tua città. Ché ancora
Indietro ci trascina il nostro peso
Nel mutevole abisso -
Siamo di nuovo desiderio e lamento.
(da Paglia e polvere, 1961)