Però nessuno muore mai del tutto, entra nella corrente, ciò che ha fatto rimane, opera come un lievito o come un veleno, fa inevitabilmente parte del presente. Non c’è offesa più grande per i vivi che la disuguaglianza e nessuna più grande per i morti che l’indifferenza per ciò che sono stati. Perché è come dire che non sono mai stati.
Così in questo 25 aprile così diviso tra l’opaca e ambigua indifferenza di vivi che sono già morti e il desiderio di una liberazione non più evento del passato, ma necessità di oggi, cerco dei verso che non trovo. L’Italia manca di poeti civili, a parte Dante e Pasolini e qualche esempio sporadico qui e là. Così forse Brecht è quello che più rappresenta per me il senso di questo giorno.
Davvero vivo in tempi bui!
La parola innocente è stolta. Una fronte distesa
Vuol dire insensibilità. Chi ride,
la notizia atroce
non l’ha saputa ancora.
Quali tempi sono questi, quando
Discorrere d’alberi è quasi un delitto,
perché su troppe stragi comporta silenzio…
<<Mangia e bevi!>>, mi dicono: <<E sii contento di averne>>.
Ma come posso io mangiare e bere, quando
Quel che mangio, a chi ha fame lo strappo, e
Manca a chi ha sete il mio bicchiere d’acqua?
Eppure mangio e bevo.
Vorrei anche essere saggio.
Nei libri antichi è scritta la saggezza:
lasciar le contese del mondo e il breve tempo
trascorrere senza angoscia.
Spogliarsi di violenza
Render bene per male
Non soddisfare i desideri, anzi
Dimenticarli, dicono, è saggezza.
Tutto questo io non posso:
davvero, vivo in tempi bui!