Rumorosi fucili fabbricano,
piombo da sparare apprestano;
chi li ha fatti è l'europeo,
che per molto argento è superbo,
che molta ricchezza divora.
(da una canzone popolare abissina)
La poesia civile scaturisce da un’esigenza non procrastinabile di dire, di denudare le offese, le ferite, i segni del dolore che portano negli occhi e nel corpo i più deboli, i più esposti, i cosiddetti “diversi”. Quelli che si possono facilmente colpire e schiacciare.
E questa spinta carica la scrittura poetica di una verità umana universale che oltrepassa l’esperienza individuale e si allarga ad una dimensione collettiva e la dota di una forza espansiva proprio perché sgorga dall’autenticità del vissuto del poeta capace di “far vedere”, di “mostrare” squarci emblematici delle tragedie che accadono ogni giorno.
E sulle quali molti, troppi, semmai, preferiscono evitare di volgere lo sguardo ed il pensiero .
Lo fanno forse per pigrizia, per menefreghismo, per una sorta di anestesia dell’indignazione ma che muta in una progressiva lenta ma inarrestabile perdita di umanità.
Recuperiamo la "cosiddetta" poesia civile, allora, a qualunque latitudine essa nasca e per qualsiasi motivazione. E facciamola conoscere.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)