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“Poesia come esperienza” di Filippo La Porta

Da Ornellaspagnulo82 @OrnellaSpagnulo

Nella Conversione di San Paolo di Caravaggio viene descritto il momento più importante del gran cambiamento: Paolo, steso a terra, si arrende, e un cavallo sopra di lui evita provvidenzialmente di calpestarlo con il suo zoccolo, mentre a Paolo è rivelata la verità. Ora, se intendiamo la poesia come la intendo io, come la intendevano i simbolisti, gli ermetici e non solo, è possibile sostituire alla Divinità la Poesia, se davvero si crede che i poeti siano solo mediatori di una luce espressa tramite parole assonanti o ritmate, e capita davvero che a chi abbia screditato la poesia per molti anni, la poesia si riveli in data x regalando nuove suggestioni di vita, di “poesia come esperienza”. Questo succede a Filippo La Porta, critico militante, pronto a combattere in passato contro la versificazione, che adesso, come un bambino nelle braccia della madre, si scioglie nel raccontare la sua relazione speciale con quei poeti che sono entrati nel canone, o che, più recenti, ci stanno entrando.

È un amore poi non completamente nuovo, quello di La Porta per la poesia. Infatti l’autore ricorda ancora certe poesie imparate a memoria (“by heart”), scoperte già nell’adolescenza. Ma in questo libro c’è anche tutto quello che un professore non ti può dire: antipatie, simpatie viscerali, predilezioni del tutto soggettive. Un professore non può svelare le sue carte agli alunni, un critico sì. Filippo La Porta si prende questa libertà. Manifestando un pieno soggettivismo, pur nel rispetto verso gli autori accettati ufficialmente e così entrati nella storia della letteratura italiana, oppure in quelle straniere. Da Dante a Zanzotto, ecco le luci e le ombre dei poeti secondo La Porta, per quanto riguarda la scrittura italiana.

Nella lunga introduzione, il critico tesse il suo stupore di fronte all’”infiltrazione della musica nella letteratura” (signore e signori: questa è la poesia). “La poesia costituisce un’esperienza reale”, anche “perché non si fa mai possedere del tutto”. E non si fa mai spiegare del tutto, se la poesia riesce, con grande ilarità, a uscire con il suo suono dalle pagine di questi capitoli, girellando come una fata che ha operato una magia.

Si mischiano ricordi liceali con assiomi digeriti più tardi, in una storia del tutto personale della poesia perché esperienza, storia perché esperienza. Poesia come esperienza può essere tranquillamente preso come un manuale di scrittura, se si accetta umilmente che l’unico insegnamento valido per chi vuole scrivere è conoscere nei minimi dettagli chi ha saputo scrivere così bene da lasciare una traccia di sé. Filippo La Porta tratta i classici come libri usciti oggi, esprimendo, con coraggio, anche dubbi su determinate opere. La sua si può definire allora una “storia intima della poesia”, aggettivo che ritorna spesso, insieme al termine intimità.

Ornella Spagnulo



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