La poesia mostra immagini, reali o interiori, illuminando, accendendo lampi e fiammelle, giocando con prospettive non comuni, oppure ritinteggiando le consuete, vestendole di nuovo e di meraviglia.
La poesia, anche quando calma, accende.
Proprio in virtù della mia credenza di una parentela intima, quasi tautologica, tra poesia e luce, mi sono avvicinata alla lettura della raccolta di Sabrina Giarratana – trentaquattro componimenti inseriti nella collana Il suono della conchiglia, edita da Motta Junior – con la diposizione all’incontro con qualcosa di vicino, assonante e promettente.
D’altra parte, il volume è piccino, discreto ma subito, mirando la bella copertina cartonata – illustrata, come il resto delle pagine, dalla mano impeccabile e intensa di Sonia Maria Luce Possentini – notando l’impaginazione elegante e ricevendo, dal contatto con le fattezze ruvide e spesse della carta, un senso di piacevolezza, si comprende di avere in mano un oggetto prezioso al quale avvicinarsi con attenta partecipazione.
Le poesie che si aprono tra una doppia facciata e l’altra, sempre a prendere aria da sfondi chiari e a lasciarsi accompagnare da tavole ricche di suggestioni, non si pongono il compito di raccontare la luce che c’è nel mondo bensì quello, molto più ammaliante, di farsene cacciatrici, rivelatrici.
I versi di Sabrina Giarratana vanno a spasso per luoghi fisici o emotivi – o più spesso là dove i due spazi si fondono e si confondono – e li colgono, fotografandoli con un obiettivo alla massima apertura, capace di inglobarne tutta la luminosità.
Compiendo bene questo mestiere è facile che suscitino la meraviglia, che accendano bagliori là dove il lettore non se lo aspettava, oppure che descrivano campi di luce già noti ma presi da un’angolazione diversa.
Hanno a che fare con gli impercettibili, eppure preziosissimi, baluginii delle cose piccole – i fili d’oro nei capelli, la bianca opalescenza della nebbia, la lama gialla che filtra da una porta aperta, il turbinio dei granelli di polvere in un raggio di sole, la grazia di una farfalla, la scia nel cielo lasciata da un aeroplano – oppure con i lampi dell’anima, quelli che a volte sono chiari e ridenti, altre esprimono la luce per contrasto con la materia scura di cui, anche, è fatta la vita.
Ancora, ci sono in queste pagine tante delle prospettive lucenti dell’infanzia: quella capacità bambina di cogliere e mantenere la parte accesa di sé, di illuminare perfino gli altri con l’acutezza di una domanda, di stupirsi di fronte al guizzo di un’idea, di creare, trasformare, ma anche correre felici con il raggio della propria fanciullezza spavalda in tasca (per scoprire, magari, che non è detto si debba perdere per forza all’avanzare dell’età…)
E’ difficile esprimere in una suggestione comune tante poesie, tutte diverse e sfaccettate. Credo sia perfino inutile.
Ciò che mi colpisce molto in ogni componimento, oltre alla fluida musicalità, spesso, ma non necessariamente, rafforzata da rime baciate, è una sorta di gaiezza che emerge tenace anche quando del tema luminoso si stanno esprimendo i chiaroscuri.
Lo sguardo dell’autrice che filtra attraverso i suoi versi è aggraziato e sensibile ma, allo stesso tempo, acutamente buono e gentile.
La luce che va a svelare è una materia bella di cui è composto il mondo. Anzi, forse è esattamente la materia che rende bello il mondo.
E’ la capacità di cogliere con vividezza e rivelare con trasparenza. E, ancora, è la forza. La forza di sapersi fare anche, all’occorrenza, portatrice di luce là dove ce ne sarebbe, o ce ne è stato, bisogno, dentro gli altri e dentro di sé.
Si nota poi l’espressione di un senso intenso di comunione – tra tutti gli esseri della natura, come tra tutti i bambini del mondo, come tra le persone che si trovano ad attraversare l’attimo di una stessa esperienza – come anche, a tratti decisi, un guizzo della capacità che ciascuno di noi ha di scegliere, autodeterminarsi, reindirizzarsi, rimettersi in cammino.
Il linguaggio cui l’espressione di tante tematiche si affida è, secondo un contrasto che fa esso stesso poesia, semplice, lieve, cristallino, con metafore piene di delicatezza ma mai troppo ardite, immagini fresche, sovente attinte dalla natura, che colpiscono per intuizione, sempre molto calzante, più che per lirica e che, per corrispondenza autentica e diretta, emozionano.
In sintonia perfetta con i testi si trovano le illustrazioni di Sonia Maria Luce Possentini, la quale solitamente è maestra di vividezza e intensità. Qui, fedele al registro poetico, si fa più sognante, modella la luce, sempre presente nei suoi lavori, in una declinazione più eterea, ma sempre piena e fortemente vibrante.
(età consigliata: per tutti)
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