“Poesie e Ombre” è il titolo del libro di esordio di Monica Martinelli, edito per le Edizioni Tracce (2009), titolo che ci rimanda al verso di Paul Celan: “Dice il vero chi dice ombra”. E di ombra nella poesia di Monica Martinelli ce n’è tanta e c’è la sua verità sulle cose e sulla vita.
Una verità, è quasi inutile dirlo, che non è scontata o data per acquisita definitivamente in quanto il poeta è sempre alla ricerca, sempre a inseguire le sue inquietudini, i suoi dubbi, le sue domande. Viene da chiedersi, in effetti, se le poesie siano gli indizi, le tappe di queste inquietudini, di questi dubbi o se il poeta scriva solo nel momento in cui ha raggiunto una meta, in cui l’inseguire una verità, che è comunque fuggevole e mutevole, lo induce a fermare sulla carta la verità raggiunta in quel momento pronto a ripartire verso nuove mete, nuove verità. Sembra quasi che la poesia sia quella luce che scova le ombre perché di queste in fondo vive e Monica Martinelli, come lei stessa ha affermato, ha un rapporto “di pieno e di vuoto” con la poesia che ricalca la proprietà commutativa del dualismo luce – ombra. In questo senso la poesia per l’autrice sopperisce all’assenza di certezze e a un più generale e profondo sentimento di mancanza, di incompletezza. La verità che si muove tra le pagine di questo libro è densa di malinconia e di pessimismo, Monica Martinelli sente la vita come un peso, come una sostanza densa in cui muoversi a fatica, in cui si sente “fuori tempo” e dove più che vivere si cerca di sopravvivere, magari aggrappati a ricordi di gioie passate, vissute anche queste, tuttavia, come ingannevoli speranze. Si legga la poesia “Ginocchia spezzate” dove si comprende come e quanto il disagio esistenziale dell’autrice affondi le sue radici in un tempo, l’infanzia, che è sì quello della meraviglia e dello stupore, ma può essere, al tempo stesso, quello in cui il mondo ci infligge le ferite più profonde e difficili da rimarginare. Molto forte in lei è il senso del passare del tempo, dell’invecchiare non solo delle persone, ma pure delle cose e dei sentimenti, delle emozioni; la loro fugacità e caducità inevitabilmente conduce al senso della morte che incombe minacciosa e fa sì che l’autrice si chieda il perché del susseguirsi delle stagioni se il loro tornare è percepito come privo di senso, così come il passare degli anni se i versi iniziali di “Capodanno senza festa” recitano: “Tutti si preparano alla festa/ma a festeggiare cosa non si sa./ Qualcosa che muore/o quello che nasce – che poi in fondo è lo stesso”. Eppure nonostante il pessimismo sia l’elemento più evidente, in questo libro non manca una certa leggerezza, se è possibile percepire la primavera dentro l’inverno, se qualcosa nel profondo di sé si salva dalla corrosione del tempo. I momenti in cui si è amato e si è stati amati sono quelli che riescono a penetrare nelle “solide tenebre” dando loro luce, sono quelli che addolciscono le ombre. Vivide sono anche le immagini della natura che fa da controcanto ai sentimenti dell’autrice, da sfondo amichevole e confortante col suo rimandare ad altro da sé, quasi in essa ci sia il segreto di una perduta innocenza, di una agognata purezza. “Poesie e Ombre“ sono dunque quelle della vita e dell’amore, che Monica Martinelli traccia sulla carta come le coordinate di un viaggio compiuto di cui si vuole (ri)trovare il senso, il significato, di cui vuole rivelare a se stessa e agli altri il mistero. Voglio concludere questa breve nota con dei versi molto belli e veri della poesia “Infinite certezze”, che sono pure una dichiarazione di poetica:
“E comprendo che è ciò che sento,/ e non ciò che sono,/ il dono più bello che posso offrirti”.
L’OVVIO LIMITE
Lanciano vivaci attese,
come fantasmi appesi
a ganci di sabbia
pronti a cercarsi e a perdersi,
guardarsi e disperdersi.
Applausi sospesi
in un’aria raggelata
di rimorsi accesi,
come giochi di luce
incandescenti e frenetici
nel labirinto dei sensi
scomposti e perduti.
Ricordi protesi
su immagini marcescibili
stillano la mente,
e il salto oltre l’ovvio limite
mi rende instabile.
Incapace di stare
tra sogni conclusi
e dolori pieni
in un futuro già negato.
FRAMMENTI INDIVISI
Nell’infinito percorso del tempo
mi chiedo di quale minuscolo frammento
faccio parte:
non il primo né l’ultimo,
forse il più insignificante o complicato
bloccato dall’involucro che lo delimita.
Apro le ali e tento il volo,
caduta dal nido
precipito e rimango lì
goffamente in attesa
del prossimo frammento,
mentre niente di esaltante accade.
CACHE-POT
“Non voglio fiori sul mio balcone”
così pensavo quando
ancora cucciola
giocavo a fare la grande
e a scegliere di quali
oggetti circondarmi.
Ora che sono grande
so che non posso più scegliere
quello che voglio,
e sul mio balcone
non profumo di mirti
ma solo vasi vuoti.
DUALISMO
Hai lo smarrimento di un bimbo
quando ha paura,
la tenerezza di un fanciullo
che scopre la vita,
la tristezza di un bacio
dato l’ultima volta,
l’impeto di un cuore
che non sa morire.
Sei il mare dell’immensità
in cui vorrei obliarmi
sei l’attimo dell’immediato presente
la nostalgia del rimpianto passato
la fantasia dell’atteso futuro
e il colore del sole che nasce
dopo un temporale di dolore.
Questo amore è una scossa nell’anima
è il tumultuare del cuore
la voce e il canto
il respiro e la sua interruzione
il sorpasso e la frenata
lo stimolo e l’abitudine
il perenne desiderio
il tripudio e l’insuccesso.
E più dell’assoluto e meno del nulla.
ESISTENZA
Si nasce.
Si muore.
L’intervallo è la vita.
GINOCCHIA SPEZZATE
Ginocchia rotonde di fanciulla
piegate ad angolo retto
si offrivano graziose
allo spettacolo vario del mondo.
Troppo fragili per sopportare
il peso della realtà
vessate dell’ostilità della vita.
Non si adattano con facilità
eppure si muovono veloci, agili
come per sfuggire a qualcosa
che le insegue.
Ma è solo apparenza
ciò che le fa sembrare
vigorose e floride,
mentre un peso troppo gravoso
forse le ha già spezzate.
INTERNO MALINCONICO
Le finestre chiuse su un buio
interno e malinconico.
Un gatto intonava flebili
miagolii di sottofondo.
Uno schermo grigio lanciava
caustici messaggi.
Il camino crepitava le ultime ceneri zolfate,
e la poltrona dondolava
i tuoi stanchi pensieri imbrigliati.
Un barbaglio di luce penetrante
inondò la stanza:
maglie di felicità si strinsero
intorno al tuo corpo sbiadito e disilluso.
A volte il tempo regala
ciò che prima ha sottratto.
LASCIA COSI’
Quale è la spina nel fianco
che accende le sere arroventate
di un’estate che si schiude
al desiderio?
Per spossessarsi di sé
e impossessarsi dell’altro, forse.
Un corpo presidia
voglie inespresse
e allegorie disperse,
gettate in anfratti di vita consumata
tra pianti, suoni
e rigurgiti di Valium.
MEMOIRES
Funeraria calma
calpesta il riarso terreno dei deserti.
Ombrosa noia
sommerge l’incauto verziere dei sogni.
Così lo scorrere nero del tempo
sbaraglia i carri dell’età lucente
rovesciati in guadi limacciosi.
Imbastivo in questo tessuto di ricordi
il presente delle mie dubbie certezze,
un bordo consumato
di logori anni
dove il passato è dolore
e l’attesa è già passato.
MIMETISMO
Ti orienti anche dove non vedi,
scrivi senza saper leggere
perché la vita per te è un mistero
che ti piace scoprire giorno per giorno.
Io invece non so scegliere
e la strada del bene diventa più lontana.
Un polipo si mimetizza sul fondale marino
e i colori cangianti lo salvano
da possibili agguati
di predatori a caccia.
Io solo il vestito posso cambiare
ma io non sono quello che indosso
e non posso sfuggire a chi mi insegue,
come la morte insegue la vita
e ne fa preda.
Così cambiare abito non basta
a mimetizzarsi.
Sento questi istanti
pulsare di vita.
Ma confonderci con ciò che ci circonda
non assolve il prezzo da pagare
di una natura crudele e imperfetta.
PAROLE IN LIBERTA’
Le tue fendenti parole
pesanti come macigni
infrangono il portale dei miei sogni
aprendo ferite laceranti
grondanti lacrime
e gradienti da te
che impassibile e statico rifletti
amenamente sulle spese da fare.
Oramai sopravvivere è un hobby.
Raccolgo le ceneri di qualcosa mai spento
e ne faccio tesoro per stiepidire
un futuro eventuale.
La felicità non si apostrofa,
ipotenusa di un triangolo equilatero
che ha radici profonde sotto la mia pelle
ancorata a un parapetto di speranze
alla ricerca di un ultimo approdo,
mentre dentro la vita si scuote.
Nota biobibliografica
Dopo la laurea in Lettere, Monica Martinelli ha scritto articoli e recensioni sulla rivista letteraria “Rassegna di letteratura Italiana”. Conseguito un Master in Studi Europei e un dottorato sui rapporti tra Cina e Unione Europea, ha proseguito studi e ricerche nell’ambito letterario.
Lavora nella Pubblica Amministrazione.
Ha pubblicato poesie e racconti su varie antologie edite da Giulio Perrone e da Aletti editore, e poesie sulle rivistePoeti e Poesia diretta da Elio Pecora, Poesia e Il Borghese.
Nel 2009 ha pubblicato una silloge di poesie dal titolo Poesie ed Ombre con prefazione di Walter Mauro (Tracce editore).
Scrive recensioni musicali sul sito www.radioland.it dove cura una rubrica sulla Cina.