La trama (con parole mie): una giovane fotografa incaricata di realizzare un reportage viene assegnata alla squadra della polizia parigina che si occupa dei reati di violenza commessi sui minori, scoprendone il variegato mondo, le storie dei suoi componenti e le situazioni che gli stessi si trovano ad affrontare ogni giorno.Dai drammi profondi di stupri e sfruttamenti alle ragazzine disposte a tutto per riavere il proprio smartphone, un tema delicatissimo e profondo esplorato con un occhio quasi neorealista attraverso un film corale in cui i veri protatonisti sono i bambini, specchio delle esistenze spesso caotiche e scombinate degli adulti.Siano essi quelli che li perseguitano o quelli che li proteggono.
Era la seconda metà degli anni ottanta quando un allora mini Ford frequentava le scuole elementari, ai tempi in cui c'era una sola maestra che seguiva tutte le materie.
Tranne una. Educazione fisica.
Per quelle ore - in genere posizionate il sabato mattina, per la gioia di tutti gli alunni, che così vivevano una sorta di weekend allungato - era chiamato un insegnante esterno amatissimo da tutti i genitori e dagli studenti, perchè per almeno una di quelle due ore concesse faceva sempre giocare, spesso sponsorizzando le gare a squadre e stimolando il confronto. Ricordo che faceva Marani di cognome.
Ai tempi della quinta elementare, il sempre mini Ford scoprì le prime gioie della masturbazione, che veniva felicemente riproposta più volte al giorno, con grande godimento nella scoperta di un piacere fisico come mai ne aveva sentiti fino a quel momento.
Una domenica pomeriggio i miei mi dissero che sarei andato a fare un giro proprio con Marani, e ricordo che mi sentii felicissimo di farmi un giro con un adulto che era l'idolo della scuola.
Niente di che. Andammo al parco, ascoltammo alla radio la partita del Milan, e poi mi riportò a casa.
Tutto normale.
Se non fosse che il suddetto, per buona parte della conversazione nel corso del viaggio di ritorno, cominciò a chiedermi cose del tipo se i peli pubici mi fossero già spuntati, se erano biondi o scuri e cose del genere: nella mia innocenza di allora, pensai che i miei, avendomi beccato nel corso del mio "momento del gentiluomo" altresì noto come sega, avessero scelto di farmi rimproverare dall'insegnante.
Dopo quella volta non uscii più con lui, e rimossi l'episodio.
Quasi dieci anni dopo, quando mio nonno morì, mia madre mi raccontò di quella volta in cui suo padre si era incazzato come una furia una volta venuto a sapere che ero stato fatto uscire con l'uomo della ginnastica, perchè credeva fosse uno a cui piacevano i bambini, e le proibì di farmelo incontrare di nuovo.
Oltre a ringraziare mio nonno per qualcosa di ben più importante della sua cultura in merito al western, devo dire che ancora oggi mantengo la curiosità di rintracciare il signor Marani - sempre che sia ancora vivo -, e fargli sentire a suon di botte cosa significa approfittarsi del proprio potere su una persona indifesa.
Tutto questo, per dire che mi sono sentito molto coinvolto dalle tematiche espresse da questo solidissimo e tosto film d'oltralpe, premiato dalla Giuria dell'ultimo Festival di Cannes e giunto a confermare l'ottimo momento vissuto dalla settima arte dei nostri cugini francesi.
La regista Maiwenn - anche interprete -, che rischia di candidarsi come concretissima risposta europea alla cazzuta Bigelow, costruisce un racconto corale di rara potenza sfruttando uno stile che ricorda il documentaristico - e ottimo - La classe, puntando, più che sulla tecnica, su un registro assolutamente realistico in grado di rendere anche e soprattutto nel ritratto dei difetti dei membri della squadra - matrimoni falliti, tradimenti, amicizie soffocanti, invidie, senza comunque dimenticare la spontaneità ed uno spirito di fratellanza che pare simile a quello che lega normalmente le vittime di un abuso -, contando su un rigore tecnico notevole che trova un'esplosione vera e propria soltanto nel clamoroso finale, una pagina d'antologia di montaggio alternato che regala ben più di un brivido, e più che chiudere una storia, lascia aperto un mondo in cui il punto di vista importante è quello dei bambini, letteralmente in balìa dell'universo adulto perchè costretti - per amore o paura - a riporre tutto quello che hanno nelle mani di chi li protegge così come di chi, al contrario, finisce per distruggere inesorabilmente le loro vite.
Il tutto dimenticandosi facili retoriche e menate scandalistiche mostrando anche il lato ironico della vicenda - splendida la sequenza della ragazzina andata a denunciare i ragazzi cui aveva gentilmente offerto un pompino di gruppo per riavere il suo telefono, e di fronte agli agenti stupiti per tanta generosità capace di rispondere "in fondo è uno smartphone!" -, e soprattutto un'umanità che passa dal coraggio di mostrare un tema scomodo anche nel suo lato "burocratico", senza cimentarsi in inutili sequenze scioccanti buone giusto per scandalizzare l'audience.
Come se non bastasse, merita un plauso anche Riccardo Scamarcio, che si cimenta in un ruolo marginale ma ugualmente degno di nota, e che in casa Ford abbiamo sperato fino all'ultimo scoprire colpevole: sarebbe stato un atto di coraggio che decisamente manca al Cinema italiano da troppo tempo, e che, tra le altre cose, porta ad un inaridimento che è ben lontano da questa grande stagione per la settima arte in terra di Francia.
MrFord
"Tu no me dejas ni respirar
tu me estas dando mala vida
cada dia se la traga mi corazon
dime tu porque te trato yo tan bien
cuando tu me hablas como a on cabron."Mano Negra - "Mala vida" -