7 MARZO – A distanza di poco più di una settimana dalle ultime elezioni politiche; la situazione italiana si presenta con uno scenario quanto mai frammentario e di difficile interpretazione. Un cambiamento netto rispetto al passato è stato rappresentato dall’exploit del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, che si è confermato primo partito in Italia con il 25,55% dei consensi alla Camera dei Deputati e il 23,79% al Senato. PD e PdL la spuntano ancora, ma come coalizioni, in ogni caso senza riuscire ad imporsi l’una sull’altra e dovendosi ora confrontare con il maggior peso politico del M5S.
Da più parti invocato, Grillo ha certamente saputo lavorare sul malcontento crescente degli Italiani, conquistando in quest’ultima tornata elettorale gran parte degli indecisi e riempiendo le piazze, mentre gli altri candidati sembravano snobbare il contatto con l’elettorato o si limitavano a vaghi tentativi, restando al chiuso nei teatri o nelle sale-conferenza. Anima del movimento; il comico genovese è spesso accusato di essere un parvenu della politica, l’uomo di spettacolo “fenomeno” la cui creatura non supererà il vero banco di prova del fare politica. Non si può negare, però, che le sue manifestazioni di rabbia di fronte alla folla abbiano saputo dar voce alla pancia di quei milioni di cittadini che da anni lamentano corruzione, abusi di potere e intrallazzi vari da parte della Casta, ormai troppo distante dai bisogni dei comuni mortali. E non è un caso che, in momenti difficili, la gente si affidi a chi sa fare la voce grossa o comunque incarnare meglio l’ideale del leader carismatico, l’unico capace di traghettare la nazione fuori dal mare in tempesta della disoccupazione, dell’inflazione e delle troppe tasse.
Già il giorno dopo le consultazioni elettorali; la candidata M5S alla presidenza della regione Lombardia, Silvana Carcano, aveva scritto su Facebook: “Spalle al muro, in Parlamento siamo l’ago della bilancia e dovranno lavorare bene per forza. Stiamo preparando le valigie per entrare nelle istituzioni, ci siamo”. Un messaggio ripreso in questi giorni a Roma, dove i rappresentanti del movimento hanno espresso nuovamente, in modo conciso ma efficace, il rifiuto di ogni forma di alleanza con le coalizioni storiche del PD e del PdL, votando legge per legge e denunciando il marciume alla base dei numerosi scandali che hanno già travolto i vecchi partiti.
Il dato emerso dalle ultime consultazioni elettorali è chiaro: nonostante avesse la vittoria in pugno; il PD ha giocato male le sue carte. E’ mancata la figura di un leader carismatico che infondesse sicurezza negli elettori e che fosse sinonimo di rinnovamento. In particolare; non si è trasmesso il messaggio di una coesione duratura tra le diverse anime del centro-sinistra né che vi fosse un vero e proprio programma condiviso tra le stesse. Da più parti si alza forte la critica a Bersani che, dopo le primarie per la scelta del candidato premier, sembra aver rinunciato a fare campagna elettorale e che comunque, con il senno di poi, avrebbe potuto cedere direttamente il passo a Renzi per convincere gli indecisi sulla bontà della proposta di rinascita a lungo auspicata. Francesco Boccia del PD, prendendo atto dell’ingovernabilità derivante da queste elezioni, ha affermato: “Penso che un accordo trasparente dovrà essere fatto su alcuni temi ma non ha senso parlare di accordi tra le persone perché, dopo questo voto, nessuno può pensare di rappresentare tutti”. Pierluigi Bersani, dal canto suo, si è limitato ad un generico: “Gestiremo il risultato nell’interesse dell’Italia”.
Cosa dire invece del PdL? Quasi quotidianamente, anche se in extremis, Silvio Berlusconi ha fatto le sue comparsate televisive nei programmi più disparati, rinnovando impegni già assunti da tempo e aggiungendo quello riguardante la restituzione dell’Imu alle famiglie. La sua ridiscesa in campo, inutile negarlo, ha prodotto effetti miracolosi sulle sorti di una coalizione ormai data per spacciata. Certo è che il Cavaliere non si smentisce mai. A parte le molte promesse ad effetto, il suo modo di condurre la campagna elettorale resta sempre incentrato sulla sua persona, con il risultato che pochi mesi di “vacanza” dalla politica –passati, per lo più, a dedicarsi alle udienze in tribunale- comportano una vistosa perdita di favori per il PdL e l’incapacità di convincere gli elettori della bontà del suo programma, peraltro anch’esso molto vago. Eppure, in collegamento telefonico con Maurizio Belpietro nel suo famoso programma “La telefonata”, Berlusconi è tornato alla carica: “Non ci sono programmi su cui si è discusso in campagna elettorale se non quello del PdL. Degli altri non ricordo alcuna idea se non la contrapposizione verso persone o partiti (…) Qualche risultato positivo lo si è avuto: non entrano in Parlamento personaggi come Fini, Ingroia e Di Pietro, giustizionalisti di cui nessuno sentirà la mancanza”. In effetti, alla Camera Fli ha ottenuto poco più di 150.000 voti, attestandosi appena a quota 0,46% contro il 2,24% di Rivoluzione Civile.
Neppure il Professor Monti con la sua Scelta Civica ha raggiunto risultati apprezzabili, ma con 3 milioni di elettori si pone dietro il PdL alla Camera, superando la Lega Nord ed il suo milione e mezzo si preferenze. “Missione compiuta”, invece, per Roberto Maroni con la scalata al governo della Regione Lombardia. Subito dopo la vittoria ha spiegato: “Sapevamo che per realizzare il nostro progetto dovevamo fare l’accordo con il PdL e che ci avrebbe penalizzato a livello nazionale, ma abbiamo salvato la Lega e aperto una fase nuova”.
Quale che sia il futuro, per ora gli scenari restano in ogni caso incerti. Se, da un lato, riecheggia forte il proposito di rifiutare ogni inciucio da parte del M5S, dall’altro appare evidente il rischio di causare una paralisi troppo lunga e pesante alle Istituzioni del Paese, danneggiando ulteriormente la macchina politica italiana e stancando definitivamente gli elettori.
Silvia Dal Maso