Il dissidio tra politica e partitica non è congenito, ma viene generato da un rifiuto della partitica di portare avanti la sua naturale missione di essere strumento della politica, per rivendicare un’autonomia assoluta, sovrapponendo l’interesse particolare al generale. Questo non è causa solamente di una cattiva gestione del denaro pubblico, ma anche di una cultura diffusa per cui rivendicazioni, siappure legittime, vengono avanzate e sostenute con metodi prevaricanti. Occorre scindere, nell’agire partitico, un orizzonte di lotta e di protesta da uno di proposta e di governo. Il grado di partiticità tollerabile nell’orizzonte di lotta, non può essere tollerato in un orizzonte di governo. Ma anche in un orizzonte di lotta è necessario tenere sempre viva la sensibilità verso l’altro, fosse pure considerato alla stregua del peggior nemico.
I rischi generati dal paradosso della partitica come unico strumento efficace per coordinare ed orientare la cittadinanza verso il conseguimento dell’interesse generale, l’autentica politica, in Italia sono stati amplificati dalle diversità ambientali e culturali coesistenti, dall’immatura tradizione nazionale e dalla frammentata e lacunosa formazione civica. Questi elementi hanno dato luogo a un eccesso di particolarismi, causando spesso la frammentazione dell’interesse pubblico in corporativismi e lobbismi, favorendo la riduzione della politica ad agone per contrapposizioni ideologiche strumentali e ricatti incrociati. In questo modo, la partitica, da strumento per arrivare a una sintesi politica condivisa, si trasforma in suo principale carnefice.