Per adesso si ha una sola certezza, come ha anche precisato la Leader della CGIL Susanna Camusso, dovremo aspettare i decreti del Governo per capire cosa effettivamente verrà fatto e come cambieranno, contratti, licenziamenti, mansioni e TUTELE dei lavoratori. I sindacati sono comunque in preallarme.
Nella legge che è stata appena approvata il Governo ha ottenuto dalla Camera ( aspettando la pronuncia definitiva del Senato) la delega ad intervenire su diversi aspetti del mondo del lavoro, dagli ammortizzatori sociali al contratto unico o quasi, dal demansionamento al reintegro solo in pochi casi di licenziamento ingiustificato.
Sugli ammortizzatori sociali il governo rivoluzionerà il sistema della cassa integrazione ordinaria e straordinaria rivedendone i criteri per l’assegnazione e soprattutto la durata. Non sarà più possibile concedere la cassa integrazione se l’azienda, o un ramo di essa, da cui proviene l’aspirante beneficiario, avràdefinitivamente cessato l’attività. Verrà modificata anche l’ASPI, assicurazione sociale per l’impiego, in modo da legarla alla storia lavorativa del beneficiario. Ciò significa che la durata dell’indennità sarà stabilita in base ai contributi versati dal lavoratore durante la sua vita. Il governo esulta dichiarando che i benefici verranno ampliati, ma al momento i fondi stanziati sonosolo “pochi” :1,9 miliardi. Secondo le opposizioni e molti analisti questi non basteranno.
Si rischia quindi di creare una bolla di lavoratori non tutelati (ci risiamo…vedi gli esodati) e di non riuscire a realizzare quanto promesso per l’indennità di maternità. Stando a quanto scritto nella legge delega, infatti, verrà estesa la maternità anche alle donne con contratti non a tempo indeterminato. Si punterà anche a favorire il lavoro femminile per tutte quelle donne con reddito basso e figli minori o disabili. Al riguardo è prevista anche la possibilità di cessione di ferie e riposi settimanali tra colleghi per favorire chi avesse maggiore necessità di tempo da dedicare alle cure parentali. Verranno ampliate anche le possibilità di ricorrere ai contratti di solidarietà, contratti in cui si riduce orario di lavoro e salario per evitare il licenziamento. In quest’ottica sarà ammissibile anche la destinazione dei lavoratori a mansioni inferiori rispetto al proprio inquadramento lavorativo.
Altra novità sarà l’istituzione di un’Agenzia nazionale per l’occupazione, che dovrà occuparsi di servizi per l’impiego, politiche attive e Aspi. L’agenzia dovrà favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Verranno potenziate le comunicazioni telematiche e si potranno snellire le procedure e tempi per definire le pratiche riguardanti i lavoratori e le aziende. Il governo si occuperà anche di rivedere il sistema dei controlli a distanza sugli impianti e sui sistemi di lavoro. Tema scottante quest’ultimo. Mentre dal Pd renziano si fa sapere che non si intaccherà minimante la riservatezza dei lavoratori e che le nuove norme serviranno solo a controllare le linee produttive e a favorire il telelavoro, in molti non apprezzano questa possibile invasione della sfera lavorativa e sono pronti a dare battaglia per il rispetto della privacy.
Tema delicato e sul quale si discute da anni è quello del riordino del numero dei contratti di lavoro e della disciplina dei licenziamenti. Il governo riordinerà tutti i contratti atipici, eliminandone molti, e ne introdurrà uno, destinato a divenire il contratto principale, a tempo indeterminato a tutele crescenti, che cioè aumenteranno con l’aumentare degli anni di servizio. I lavoratori licenziati che potranno essere reintegrati sul posto di lavoro saranno solo quelli che avranno subito licenziamenti discriminatori e alcuni tipi di licenziamenti disciplinari. Negli altri casi il lavoratore avrà diritto solamente ad un indennizzo economico legato agli anni di lavoro prestati dal lavoratore. Tra tutti questo è sicuramente l’argomento che genera le maggiori preoccupazioni. In molti chiedevano un sistema più snello dei contratti, ma il sistema a tutele crescenti genera più dubbi che soddisfazione. Il rischio, secondo sindacati e opposizioni è quello di generare un sistema in cui i licenziamenti diventano più semplici e frequenti mentre il reintegro sul posto di lavoro e gli indennizzi diminuiscono.
Insomma non si prevedono momenti felici per i lavoratori che da anni ormai sono sospesi tra una riforma e l’altra, in un clima di totale confusione in cui pochi sono interessati a far comprendere a tutti cosa, come e chi verrà toccato dalle riforme. Non ci resta che aspettare di vedere come si comporterà il Senato e soprattutto cosa scriverà il governo nei decreti che dovranno attuare quanto previsto nella legge appena approvata. Solo a quel punto si potrà capire chi aveva ragione tra chi dice che il job act farà ripartire il mercato del lavoro e renderà più tutelati i lavoratori e chi all’opposto sostiene che Renzi e la sua maggioranza mirino ad abbattere l’articolo 18 e tutte le tutele che negli anni sono state poste a riparo dei lavoratori. Per adesso pare più giustificata la preoccupazione, vista la scarsità di risorse economiche a disposizione e lo scontro frontale e violento tra governo e parti sociali.
Giovanni Fiaccavento