Non sono emergenti, anzi. Alcuni di loro sono emersi da tempo immemorabile. Altri, addirittura, sono stati già sommersi dagli eventi della politica e della vita e poi di nuovo salvati. Eppure sono i nomi da tenere d'occhio nell'anno che arriva, a loro toccheranno le partite più importanti della politica italiana, le sfide da vincere o da perdere. Le stelle del 2016. O le meteore.
TERESA BELLANOVA - Deputata pugliese del Pd, sottosegretario al Lavoro, un tempo dalemiana e colonna della Cgil, ha infiammato la platea della Leopolda a Firenze all'ultimo raduno renziano: l'unica a farlo in una kermesse povera di contenuti e di personaggi, segnata dall'imbarazzo per il caso del ministro Maria Elena Boschi e di Banca Etruria. Il premier l'ha promossa in diretta, con un tweet: «Ma che brava Teresa Bellanova». È l'ex sindacalista che ha compreso la bontà delle riforme di Matteo, l'ideale anti-Camusso. Degna di una promozione al prossimo rimpasto di governo: vice-ministro dello Sviluppo economico. O qualcosa di più.
TOMMASO NANNICINI - Quarantenne economista all'università Bocconi, figlio dell'ex deputato Rolando (Pci-Pds-Ds-Pd), è la new entry nella squadra di Palazzo Chigi, alla cabina di regia sulle politiche economiche che scavalca il ministero di via XX Settembre. Incarico ad alto rischio che mette a dura prova i nervi più saldi: nel 2015 sono entrati nel corridoio principale della sede del governo, e subito usciti, il manager Andrea Guerra e il professor Roberto Perotti. Più che il dissenso dal premier sui contenuti delle decisioni pesavano le riunioni saltate, il metodo rapsodico che predilige Renzi, improvvisatore di talento, la frustrazione di non contare più di tanto. Per sopravvivere Nannicini ha dalla sua l'esperienza politica. E l'origine toscana, che nell'era Renzi non guasta mai.
CHIARA APPENDINO - Consigliera comunale torinese del Movimento 5 Stelle, è la sfidante alle elezioni amministrative dell'uscente Piero Fassino, un mostro sacro della sinistra. La candidata «borghese», come l'ha definita il fondatore di M5S Gian Roberto Casaleggio: «Il Movimento non è fatto solo di persone alternative, un mito da sfatare. Appendino ha un'estrazione che un tempo si sarebbe detta borghese, ha studiato in Bocconi, ha mostrato di sapere lavorare in azienda. Farà bene». Candidata a vincere.
VIRGINIA RAGGI - Consigliera comunale romana del Movimento 5 Stelle, classe 1978, avvocato civilista, potrebbe essere la candidata di M5S per il Campidoglio, scelta dalla rete. L'oggetto misterioso: i sondaggi danno il movimento come lista più votata nella Capitale stremata dalle inchieste, dalle dimissioni di Ignazio Marino, dallo smog e dal guano, ma il nome del candidato sindaco ancora non c'è. Tattica o strategia?
ROBERTO GIACHETTI - Alla Leopolda l'hanno fatto parlare insieme a Giuseppe Sala, quando ha preso la parola è apparsa alle sue spalle l'immagine del Campidoglio. L'hanno fatto a sua insaputa e lui non l'ha presa benissimo. Il vice-presidente della Camera è in testa alla preferenze di Renzi come candidato sindaco di Roma del Pd. Profondo conoscitore della città che ha diretto negli anni in cui era capo-staff di Rutelli, accattivante, deve superare un grave handicap: l'iscrizione al Pd. Candidato riluttante.
GIORGIA MELONI - L'eterna ragazza della destra, il 15 gennaio compirà 39 anni, è alla prova di maturità. O candidarsi a Roma per vincere e diventare una leader nazionale o traccheggiare come comprimaria romanesca del centro-destra a trazione leghista, spalla nei talk show dell'egemone Matteo Salvini.
ALFIO MARCHINI - L'unico a essere da tempo ufficialmente in corsa per la guida di Roma. Per sfuggire all'abbraccio letale di Silvio Berlusconi rifiuta l'etichetta di candidato del centro-destra, preferisce definirsi civico e esaltare le sue origini familiari, il nonno comunista e artefice del palazzo di Botteghe Oscure. Sugli autobus ha fatto affiggere una frase di Gramsci: «Odio gli indifferenti». Problemi: troppo affollamento (attorno a lui, in senso politico, non sugli autobus). E troppo immobilismo (degli autobus, oltre che della politica).
GIUSEPPE SALA - «Sono di sinistra», ha dichiarato l'ex amministratore delegato dell'Expo, ora candidato sindaco di Milano alle primarie del Pd ed è stata la notizia più spiazzante delle ultime settimane. Ha creato stupore, come se Donald Trump avesse rivelato di essere ispanico. Nel gioco delle identità multiple a Sala detto Beppe tocca quella di sinistra, berlingueriana per di più, per conquistare il recinto della Milano di Giuliano Pisapia almeno alle primarie dove votano gli elettori di centro-sinistra. Le elezioni vere, quelle contro un nome di centro-destra che ancora non c'è, sono un'altra storia. Per quella sfida il neo-gauchista Sala è pronto a rivestire i panni più congeniali di candidato della Nazione. L'uomo di tutti.
FRANCESCA BALZANI - La vice-sindaco di Pisapia ha già portato a casa il primo risultato: ha costretto Sala a dichiararsi di sinistra. Ora le tocca la partita più difficile, provare a gareggiare alle primarie del Pd di Milano per vincere o ottenere un buon risultato. In ogni caso è in crescita di visibilità nazionale: il volto di un Pd moderno, attento ai diritti e allo sviluppo, pragmatico ma non indifferente ai valori, al femminile. E non appiattito su Renzi.
FRANCO GABRIELLI - Il Giubileo per ora è un flop, la Capitale è al collasso, ma il prefetto-commissario non ne ha risentito, passa con agilità da un convegno a un'intervista. Nel 2015 ha rischiato di diventare sindaco-ombra di Roma, nel 2016 Gabrielli punterà dritto all'obiettivo di sempre, la poltronissima di capo della polizia, dopo aver guidato i servizi segreti e la protezione civile. Più che un Bertolaso o un Gianni De Gennaro, un Vincenzo Parisi della Repubblica renziana, uomo degli apparati attento agli equilibri politici.
DENIS VERDINI - La sua Ala, Alleanza liberal-popolare, è inesistente nell'elettorato ma in crescita nel Palazzo. Il contatore si è fermato nel 2015 a 31 senatori e nove deputati, ma riprenderà a salire con la riapertura delle Camere. Dopo aver passato la vita a intercettare i transfughi di qua e di là per conto di Berlusconi, nel 2016 Verdini metterà il suo background al servizio del nuovo progetto, una casa accogliente per gli ex berlusconiani che vogliono passare in zona Renzi, una stanza di compensazione per transitare dal vecchio al nuovo. Pronto alla doppia mossa: votare sì al referendum di fine anno sulla nuova Costituzione, per entrare a pieno titolo tra i nuovi padri della patria. E riaprire la scatola dell'Italicum, per rientrare nel futuro Parlamento, da protagonista.
ENRICO ROSSI - Il presidente della regione Toscana prepara un 2016 di battaglia. Lo si è visto all'opera negli ultimi mesi del vecchio anno: grande attivismo sulla rete, sui giornali e in tv, per affiancare all'immagine del buon amministratore quella del politico a tutto tondo, capace di intervenire su ogni tema. Obiettivo: candidarsi alla segreteria del Pd. Con Renzi, "ma-anche" con la sinistra post-ds. In caso di sconfitta del partito alle amministrative il pressing per mettere una figura forte alla guida di largo del Nazareno si farebbe soffocante. Chi meglio di un toscano rosso, per affiancare il fiorentino bianco di Palazzo Chigi?
ANTONIO BASSOLINO - Nel 2016 compirà 69 anni, la sua candidatura a sindaco di Napoli è l'immagine di una rottamazione fallita. Non per la resistenza dei vecchi ma per l'incapacità e l'inesistenza dei nuovi. Dietro Renzi nelle grandi città c'è il nulla. E se perfino il leader di Podemos, il nuovissimo Pablo Iglesias, nella campagna elettorale spagnola ha scelto come slogan il titolo di un libro di Carlo Levi, il futuro ha un cuore antico, figuriamoci Bassolino.