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Serena. Un nome che é una promessa. Ma si può? C´é chi è bravo a piallare, a riparare le perdite, a sostare all´automatico del caffè, chi a dare nomi ai propri figli. Serena. Nomi che sono destini, oppure no. Non è un buongiorno col sottofondo come nella pubblicità. Non é buongiorno se aspetti al binario tredici i pensieri partiti la notte che tardano ad arrivare, a diventare quella chiamiamo realtà. Sí, in effetti quella del binario è scontata, pensi stirando via le briciole della notte con la gonna da aggiustare. Più che vestirla Serena la sospende sull´aria nascondendo un paio di mutandine qualunque che nessuno si sognerebbe di criticare. Il sole timido inizia a trafiggere Roma e le aree pedonali tornano a vivere. I taxi del turno di notte aspettano di tornare a casa. Le radio staccano le registrazioni della notte, ci elencano le brutte notizie e partono con il repertorio pop commerciale che ti aspetti in qualunque Rinascente o ufficio. L´odore del caffè diventa un morbo, ferma il traffico, ferma per un attimo il tempo.
Serena pensa alla pace nel suo piccolo mondo. Alle utopie e ai ritardi. Al bianco accecante e al buio pesto senza soste. A quelli che l´hanno liquidata, che non hanno letto il suo curriculum, che a letto non l´hanno ascoltata quando era fragilissima. Uno sguardo all´ora, le chiavi dell´auto scivolano sul bancone del bar, le strade si ricompongono accompagnate dal profumo per auto e da polvere fluttuante. C´é stato qualcuno. Una fumata bianca. Qualcuno che non era voluto da nessuno e un po´ per questo lei l´aveva fatto suo, perché si sentiva anche lei così. E poi, dopo qualche anno sto bene, sto bene solo non mi toccare.
Finisci a preferire i buoni benzina dello straordinario che tornare a casa prima solo per affettare in parti uguali solitudini che non si possono mescolare. Poi il collega che ti ha fatto gli abbaglianti sopra, il bambino da prendere a scuola, l´amica sposata che non sai più come ti guarda. Sono sempre le stesse cose. Non sai più cosa desiderare. Complicano solo cose già complicate, sono cose già masticate con gusti che sono solo varianti. Così ti rassegni, perché non vuoi fare la moderna, la scriteriata, mollare tutto quello che hai costruito e sei diventata. Per sentirti libera affondi il piede sull´acceleratore, la polvere fluttua. Non puoi rinnegare volontariamente anni di sacrifici gioie e lotte. Arrivi a pensare che ci vorrebbe un incidente. Un gioco a due col destino, se esiste. Serena fa la stupida, come una adolescente, solo più consapevole. Ma poi non resiste. Con le mani tremanti sul volante rientra nella sua corsia. Rilassati. Serena, un nome e una promessa che neanche regalata funziona. Se convertissi tutti i complimenti ricevuti in bene, se ci fosse tempo da misurare con gli occhi, striscioni appesi fuori dalla finestra con “amore ti amo”, se ci fosse un po´più di ordine in quello che va in onda tra le persone e ti decidessi a prendere in mano un maledetto telecomando.
Il bimbo dorme. Sdraiata Serena prova a sentire se ci sono nel rughe nel viso. Non la spaventa che le cose cambino, stavolta la spaventa cambiare. A fianco l´uomo che ha voluto, con la canottiera vogatore orribile che lei stessa gli ha comprato. Dorme. O forse soffre. Avrebbe voluto dirgli una cosa tipo “sono qui”, carezzarlo un attimo, solo per vedere che effetto fa, ora.
Per sentirsi libera affonda il piede nel materasso su un pedale che non c´è e sfreccia in un mondo che non sarà mai suo. La mano scende sulla pancia. Sente il nodo. Lei non la vede ma la polvere fluttua, non smette mai di coprirci. Copre cose nostre, che pensiamo nostre, cose che non siamo e e cose che non sono. Un respiro forte. Non si vede più niente. Trabocca, Serena. Fragilissima. Un attimo dopo rientra nella sua corsia.