Pontiak @ raindogs, savona – 26/10/14

Creato il 11 novembre 2014 da Iyezine @iyezine

La rock band americana Pontiak giunge a Savona per l’ultima data italiana, prima delle ultime date europee nella penisola iberica e prima di tornare in patria per continuare il tour in compagnia dei Wovenhand, per un calendario autunnale molto fitto.

Benvenuti dunque al Raindogs, piccolo e intimo localino della città del chinotto che fornisce “the best music in town”; è ancora presto, porte chiuse e solo una manciata di persone all’interno. Vengo accolto dai gestori del locale e dalla band, che si appresta alle procedure di rito di sound-check. Al tavolo, un po’ di birre, e i due accompagnatori dei fratelli Carney, ossia Bill e Peter, il tuttofare, con cui ho fissato l’incontro pre-serata per intervistare la band.
Ma questa ve la racconterò in separata sede, perciò tenete d’occhio la sezione interviste nei prossimi giorni per scoprire cosa è venuto fuori dalla divertente chiacchierata coi tre fratelli.
Una doverosa premessa è di ringraziamento, per la disponibilità dei Carney bros, che si sono dimostrati molto “alla mano”, come si suol dire, e con cui è stato piacevole chiacchierare anche a microfoni spenti; stesso discorso vale per l’ “entourage”, se così lo possiamo chiamare.

Chiusa la premessa, dopo la chiacchierata in cui viene fuori il loro spirito gioviale e campagnolo, i bros si vanno a preparare, indossano la maschera arrabbiata, e salgono sul palco per fornire una performance breve ma solida, intensa, o se preferite cazzuta.
I pezzi suonati dalla band virginiana (che detto così pare di provenienza aliena) sono generalmente brevi, o per meglio dire compatti, vanno dritti al punto senza fronzoli, con un suono diretto e potente. Sulla base di queste caratteristiche, i Pontiak costruiscono la loro performance sparando una serie di questi ordigni stoner a raffica, la cui resa musicale dal vivo è di forte impatto, prima di fermarsi un attimo per prendere fiato e l’applauso dei pochi e fortunati intimi del Raindogs.

In questo tour i Pontiak portano prevalentemente il loro ultimo album Innocence, ma srotolano la materia sonora cercando di mischiare le carte, alternando brani di Echo Ono, e con qualche altra rappresentanza qua e là (un brano per Comecrudos, Maker, Sun On Sun, e una piccola anticipazione). Vengono portati pezzi che si pongono in una certa continuità stilistica con l’ultimo lavoro in studio, sottolineando l’organicità, e badate bene, non l’omogeneità, della produzione in studio della band americana.

Si parte con un bel rombo di motori, e i tre pezzi iniziali esplodono in rapida successione: inframmezzando Surrounded By Diamonds e Ghosts, brani da Innocence, con Laywayed, da Maker (ripescando un lustro fa), alla faccia della partenza soft ci si becca subito un bel cartellone di grande impatto. Qui senza neanche lasciar calare un decibel, istantaneamente si cambia ritmo.
Un momento di maggiore sospensione sulle atmosfere di Royal Colors, da Echo Ono, che funziona come circuito di raffreddamento dopo un infuocato quarto d’ora, giusto pochi minuti perchè la traccia si chiude in crescendo con i Pontiak che ricordano di che pasta sono fatti.
Fermandosi quattro secondi di numero, si riprende con una cupa e rombante introduzione che si apre, come nubi che si schiariscono d’improvviso nel cielo, con una rock ballad in cui si fanno vivi echi post-rock. A questo punto i nativi del DC inseriscono un estratto dall’EP Comecrudos del 2011, seguito da Shell Skull, che va a pescare ancora più indietro nella discografia, a Sun On Sun del 2007, ma sempre piacevole e attuale.
Venti secondi di pausa, solo perchè a Van serve un sorso di birra, perciò “salute!”.
Si riparte con una sorpresa, l’inserimento di Underneath Us Like a Snake, traccia proveniente dal nuovo 7” a tiratura limitata per l’etichetta indipendente portoghese Revolve, che verrà rilasciato prossimamente. Si tira un attimo il fiato con questa ballata melodica, che occupa il lato A del 7”, per poi ricominciare con le sfuriate di Shining prima, e due brani da Echo Ono, la fantastica The North Coast, seguita dalla durezza di Left With Lights.
A questo punto si va verso un finale col botto, con Lack Lustre Rush, e il grande cavallo di battaglia Lions Of Least, l’opener e pezzo più conosciuto di Echo Ono, quindi l’arrabbiata title-track di Innocence.
I tre fratelli allora posano gli strumenti e iniziano a stringere la mano ai presenti, ringraziandoli per essere venuti, e facendosi sapientemente strada verso il bancone del bar … ovviamente richiamati immediatamente sul palco, giusto il tempo per Jennings di farsi spillare una birra, e per raggiungere l’ora di esibizione imbracciano nuovamente gli strumenti, con la distensiva Wildfires e chiudendo con We’ve Got It Wrong.

Tracklist:
(molto stupidamente mi sono dimenticato di chiedere la scaletta alla band e la mia ricostruzione risulta un po’ fumosa)
1. Surrounded By Diamonds
2. Laywayed
3. Ghosts
4. ?
5. Royal Colors
6. ?
7. Part III
8. Shell Skull
9. Underneath Us Like A Snake
10. Shining
11. The North Coast
12. Left With Lights
13. Lack Lustre Rush
14. Lions Of Least
15. Innocence
16. Wildfires
17. We’ve Got It Wrong


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