Dovete sapere che Pontomedusa, da piccolina, voleva fare la pubblicità.
Prese la sua bella laurea in Scienze della Comunicazione (che parenti e amici di famiglia, orgogliosi genitori di iscritti a Economia attualmente fuori corso dal 2007, chiamavano simpaticamente “Scienze della Disoccupazione”), scrisse un sintetico eppur ricco curriculum e lo mandò a tutte le agenzie d’Italia, e finalmente ricevette una convocazione da un grande nome dell’ambiente, chiamiamolo Orlando Festa.
Il signor Orlando Festa la accolse nel suo ufficio, le spiegò quanto fosse figa e ammirata la sua agenzia, che bastava scriverne il nome sul curriculum per ricevere proposte di lavoro da tutto l’orbe terracqueo (consiglio per i giovani in cerca di primo impiego: se sentite le parole “fa curriculum”, alzatevi e cominciate a correre. Veloci. “Fa curriculum” significa “Non ti pago, anzi, ti faccio già un favore a non fare pagare te per fare questo fantastico lavoro che tutti vorrebbero accapararsi”), e poi lancià la proposta: cento stagisti, ovviamente non retribuiti, rinchiusi in uno stanzone per tre mesi per realizzare un progetto, e il più meritevole (o magari due, aggiunse magnanimo il guru della pubblicità) sarebbe stato premiato con un rutilante contratto a progetto.
Pontomedusa, che all’epoca era sì giovane, ma comunque non scema, disse al signor Orlando Festa che le sembrava un ottimo modo per l’agenzia per avere un progetto realizzato a costo zero, un po’ meno attraente per i poveri stagisti. Tuttavia, spiegò, in quel momento stava svolgendo un lavoretto che le prendeva alcune ore alla settimana; dal momento che lo stage non prevedeva stipendio, Pontomedusa immaginava che non sarebbe stato un problema, nel caso avesse accettato, assentarsi ogni tanto per svolgere l’altro lavoro che le avrebbe permesso di pagarsi almeno l’abbonamento dell’autobus.
“EH NO!” tuonò il signor Orlando Festa. “E’ richiesto un impegno di 40 ore alla settimana! E se necessario, anche gli straordinari!”
E così Pontomedusa si alzò, ringraziò, e se ne andò, e lungo la strada verso casa non sapeva se ridere o piangere.
Andò a finire che accettò un lavoro in tutt’altro settore, dove almeno le davano uno stipendio degno di questo nome, e che si rivelò comunque divertente e in grado di suscitare ammirazione e invidia nelle occasioni mondane in cui ti chiedono “Cosa fai nella vita?”, quanto e forse più del mestiere di pubblicitario.
D’altra parte, vedendo le pubblicità che arrivano sulle reti nazionali, non c’è da essere tanto orgogliosi di lavorare in quel settore.
Ma questo ve lo spiegherò meglio in un prossimo post.