¿Por qué no te callas?

Creato il 10 novembre 2012 da Marvigar4

Zapatero: Solamente quería, presidenta Bachelet, hacer una manifestación en torno a las palabras pronunciadas por el presidente de Venezuela, por el presidente Hugo Chávez en relación con el ex presidente del gobierno de España, con el señor Aznar, quiero expresar señor presidente Hugo Chávez que estamos en una mesa en la que hay gobiernos democráticos, que representan a sus ciudadanos en una comunidad iberoamericana que tienen como principios esenciales el respeto. Se puede estar en las antípodas de una posición ideológica, no seré yo el que esté cerca de las ideas de Aznar, pero el ex presidente Aznar fue elegido por los españoles, y exijo, exijo…

Chávez: Dígale a él que respete la dignidad de nuestro pueblo.

Zapatero: Exijo que…

Rey: ¡Tú!

Zapatero: Un momentín…

Chávez: Dígale lo mismo a él.

Zapatero: Exijo ese respeto, por una razón, además…

Chávez: Dígale usted lo mismo a él, presidente.

Zapatero: Por supuesto.

Chávez: Dígale lo mismo a él…

Zapatero: Por supuesto.

Chávez: Porque él anda irrespetando a Venezuela por todas partes, yo tengo derecho a defender.

Zapatero: Bien…

Rey: ¿Por qué no te callas?

Bachelet: Por favor, no hagamos diálogo, han tenido tiempo para plantear su posición. Presidente, termine.

Zapatero: Sí, un momentín.

Chávez: Yo no puedo aceptar esta posición del presidente Zapatero.

Zapatero: Presidente Hugo Chávez.

Chávez: Podrá ser español el presidente Aznar, pero es un fascista y es una falta de respeto.

Zapatero: Presidente Hugo Chávez, creo que hay una esencia en el principio del diálogo y es que para respetar y para ser respetado, debemos procurar no caer en la descalificación. Se puede discrepar radicalmente de las ideas, denunciar los comportamientos, sin caer en la descalificación. Lo que quiero expresar es que es una buena forma de poder trabajar entendernos en favor de nuestros pueblos, que nos respetemos, a los representantes democráticos, y pido –presidenta Bachelet– que esa sea una norma de conducta en un foro que representa a los ciudadanos, que respetemos a todos nuestros dirigentes, a todos los gobernantes y ex gobernantes de los países que formamos esta comunidad. Creo que es un buen principio y deseo fervientemente que ése sea un código de conducta, porque las formas dan el ser a las cosas, y se puede discrepar radicalmente de todo respetando a las personas, ése es el principio para que uno luego pueda ser respetado. Estoy seguro que toda esta mesa y todos los latinoamericanos quieren que todos los gobernantes democráticos (…) seamos respetados, hoy y mañana, aunque discrepemos profundamente de las ideas que tengamos.

[Aplausos].

Zapatero: Vorrei soltanto, presidente Bachelet, fare una dichiarazione sulle parole pronunciate dal presidente del Venezuela, dal presidente Hugo Chávez, in relazione all’ex presidente del governo di Spagna, il signor Aznar, vorrei esprimere, signor presidente Hugo Chávez, che siamo in un tavolo in cui vi sono governi democratici che rappresentano i propri cittadini in una comunità iberoamericana che ha come principi essenziali il rispetto. Si può essere agli antipodi di una posizione ideologica, non sono certo io a essere vicino alle idee di Aznar, però l’ex presidente Aznar è stato eletto dagli spagnoli e esigo, esigo…

Chávez: Gli dica che rispetti la dignità del nostro popolo.

Zapatero: Esigo che…

Rey: Tu!

Zapatero: Un attimo…

Chávez: Gli dica lo stesso.

Zapatero: Esigo questo rispetto anche per una ragione…

Chávez: Gli dica lo stesso, presidente.

Zapatero: Naturalmente.

Chávez: Gli dica lo stesso …

Zapatero: Naturalmente.

Chávez: Perché lui manca di rispetto al Venezuela in ogni modo, io ho il diritto di difendere.

Zapatero: Bene…

Re: Perché non stai zitto?

Bachelet: Per favore, non facciamo un diverbio, ha avuto il tempo per esporre la sua posizione. Presidente, concluda.

Zapatero: Sí, un attimo.

Chávez: Io non posso accettare questa posizione del presidente Zapatero.

Zapatero: Presidente Hugo Chávez.

Chávez: Il presidente Aznar può essere spagnolo però è un fascista e la sua è una mancanza di rispetto.

Zapatero: Presidente Hugo Chávez, credo che ci sia un’essenza nel principio del dialogo ed è di rispettare ed essere rispettati, dobbiamo cercare di non cadere nel discredito. Si può avere radicalmente idee diverse, denunciare i comportamenti, senza cadere nel discredito. Quello che voglio dire è che un buon modo per poter lavorare è far capire a beneficio dei nostri popoli che noi rispettiamo i rappresentanti democratici, e confido –presidente Bachelet– che questa sia una norma di condotta in un forum che rappresenta i cittadini, che si rispetti tutti i nostri dirigenti, tutti i governanti e ex governanti dei paesi che formano questa comunità. Credo che sia un buon principio e desidero con fervore che questo sia un codice di condotta, perché le forme danno sostanza alle cose, e si può dissentire radicalmente in tutto rispettando le persone, che è il principio perché un contesto possa esser rispettato. Sono sicuro che tutto questo consesso e tutti i latinoamericani vogliono che tutti i governanti democrátici (…) siano rispettati, oggi e domani, anche se siamo in profondo disaccordo circa le idee che abbiamo.

[Applausi].

In un secondo si possono spazzare via secoli di etichetta, di stile diplomatico, di linguaggio politico asettico, basta una frase detta fuori dai denti che rompe la farsa alle volte ipocrita del controllo fine a se stesso a dispetto della verità. Questo è successo il 10 novembre 2007 a Santiago del Cile durante il XVII Vertice Iberoamericano di Capi di Stato. La citazione dei passi salienti di quanto avvenuto in quel giorno è riportata sopra, trascritta fedelmente dall’audio originale del Vertice. Il presupposto è una dichiarazione fatta il giorno prima in una conferenza stampa dal Presidente venezuelano Hugo Chávez, il quale denunciava un’ingerenza e un sostegno dell’allora primo ministro spagnolo José María Aznar al golpe del Venezuela del 2002. L’espressione usata da Chávez per qualificare Aznar fu “fascista”, espressione che il giorno successivo lo stesso presidente venezuelano non solo confermò ma arricchì con una lunga spiegazione aggiuntiva: “Porque somos humanos, y los fascistas no son humanos. Tienen forma humana, pero no son humanos. Creo que una serpiente es más humana que un fascista o que un racista. Un tigre es más humano.” (“Perché siamo umani e i fascisti non sono umani. Hanno la forma umana, ma non sono umani. Credo che un serpente è più umano di un fascista o di un razzista. Una tigre è più umana…”). José Luis Rodríguez Zapatero, socialista, primo ministro spagnolo dal 2004 e successore di Aznar, prese la parola il 10 novembre 2007 per chiedere rispetto nei confronti di un premier democraticamente eletto dai cittadini del suo paese. Ne nacque un diverbio piuttosto colorito tra Zapatero e Chávez, con l’ultimo che interrompeva continuamente Zapatero durante la sua difesa nei confronti di Aznar. A quel punto si intromise il re di Spagna Juan Carlos, spazientito dalla turbolenza di Chávez, con la famosa frase che ha fatto il giro del mondo: “¿Por qué no te callas?”.

Il cosiddetto cerimoniale degli incontri tra personalità politiche che rappresentano comunità più o meno vaste dovrebbe contemplare l’uso del dialogo nel pieno rispetto dell’interlocutore, ossia la regola non scritta che prevede un linguaggio che non offenda, non screditi direttamente o indirettamente, nonché l’attesa della chiusura dell’intervento altrui evitando di contrapporsi, sovrapporsi con interruzioni, commenti o altro. Parlare sopra cercando di disturbare l’interlocutore, provocare, ingiuriare sono prassi tipiche di chi, in un contesto pubblico o privato, intende trasformare il dialogo in un bisticcio per ottenere ragione a tutti i costi.

In quel 10 novembre 2007 José Luis Rodríguez Zapatero stava difendendo l’ex premier spagnolo Aznar non solo in qualità di rappresentante democraticamente eletto del suo popolo, ma anche in quanto persona non presente e impossibilitata a difendersi dalle accuse rivoltegli il giorno prima dal presidente venezuelano. Hugo Chávez interruppe ripetutamente Zapatero, per ben cinque volte, infischiandosene del protocollo e cercando di disturbare la replica di un suo collega solo perché cercava di dissentire e di porre la questione del rispetto reciproco in ambito diplomatico. Ebbene, Hugo Chávez bloccò, ostacolò, alterò il discorso di Zapatero e impose la propria regola a tutta la mesa con interventi al di fuori del cerimoniale. Ed ecco che in questo preciso momento il re Juan Carlos, finora in silenzio ad ascoltare, si inserì, intervenne e controreplicò all’interruzione sistematica di Chávez uscendo egli stesso dagli schemi diplomatici. A memoria umana non si ricorda un’azione del genere da parte di un monarca in un consesso internazionale di fronte alle telecamere di tutto il mondo. Per alcuni Juan Carlos si è intromesso nella disputa con fare arrogante e inopportuno, non essendo nemmeno un rappresentante democraticamente eletto del suo popolo, per altri ha soltanto cercato di appoggiare la difesa d’ufficio di Aznar fatta da Zapatero contro le incursioni verbali di Chávez. Sta di fatto che con la frase “¿Por qué no te callas?” è saltato del tutto qualsiasi equilibrio protocollare, inoltre in questo caso l’uso del “tu” ha infranto ulteriormente la regola aurea del cerimoniale diplomatico, secondo cui non ci si rivolge mai all’interlocutore in modo confidenziale usando la seconda persona.

Sicuramente incidenti del genere sono capitati in altre occasioni e figure autorevoli come quella di un monarca avevano quasi l’obbligo di riordinare la controversia e ristabilire un certo ordine, se non altro con un comportamento che fosse ligio all’etichetta. In un’epoca di bagarre come la nostra, dove bastano due persone per fare una gazzarra in tv, negli incontri pubblici, sulla stampa, ci si attenderebbe da un Vertice internazionale presieduto da capi di Stato una condotta moderata e l’esempio evidente di ciò che Evelyn Beatrice Hall riassunse con la famosa frase nel suo The Friends of Voltaire: “Disapprovo quel che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo” [1]… Invece anche un re ha abbandonato il suo aplomb per partecipare a una lite in diretta… prima o poi doveva succedere. Sotto certi aspetti Juan Carlos ha legittimato la condotta di Chávez, contribuendo a accendere un confronto che andava risolto con maggiore misura, e di conseguenza ha danneggiato il tentativo del suo primo ministro Zapatero di riportare la discussione a più miti consigli. È anche vero però che finalmente è stato sfatato il mito del monarca cortese e inamidato, al di sopra delle parti e della terra dei comuni mortali: Juan Carlos è sceso dall’alto del suo trono e ha mostrato il lato umano più intimo e più vero, l’incapacità di reprimere la collera, l’impazienza, il nervosismo, ecc.. Dal 10 novembre 2007 in poi anche un sovrano può sporcarsi le mani e gettarsi nella mischia di una discussione pubblica mostrando i muscoli, alzando la voce, battibeccando come un cittadino qualunque che non segue il bon ton e reagisce impulsivamente. L’esempio di Juan Carlos a quanto pare è stato raccolto, il coraggio, o più semplicemente la libertà di esprimere ciò che si prova senza ricorrere al britannico selfcontrol è ciò che abbiamo visto il 1° aprile 2009, dopo la foto di gruppo dei rappresentanti del G20 in Buckingham Palace a Londra: la Regina del Regno Unito Elisabetta II non ha abbozzato di fronte a un Berlusconi chiassoso, che chiamava il presidente americano Obama come se fosse un compagno di sbronza (“Mister Obamaaaaa!), e s’è voltata un po’ stizzita per silurare il premier italiano con un “What is it? Why did you shout?” (Che cos’è? Perché grida?). La lezione del “¿Por qué no te callas?” ha fatto proseliti…

© Marco Vignolo Gargini


[1] Evelyn Beatrice Hall (1868-1919), scrisse nel 1906 con lo pseudonimo S.G. Tallentyre una biografia di Voltaire, The Friends of Voltaire, all’interno della quale attribuì al filosofo francese la famosa frase: “I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it” (The Friends of Voltaire, Smith, Elder & co., London, 1906, p. 199).



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