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Porno, amore ed erotismo (Commento a Lars Von Trier)

Creato il 07 febbraio 2016 da Olga

Ho evitato a lungo i film di Lars Von Trier. Ho delle piccole fisse su ciò che nella vita vada affrontato nel momento giusto, e se dovessi comunicare pubblicamente qui una scaletta – che è la scaletta che seguo pedissequamente nel succedersi dei fatti – smettereste di leggere.

La scaletta prevede che provi tutte le droghe nella mia terza età. Il vibratore non prima dei 28 anni. La psicoanalisi quando sono certa di non potere cambiare nulla. Italo Svevo da leggere tutto prima dei 16. Dostoevskij e Proust d’estate.

E non era momento per Lars Von Trier. Fine. Venerdì ho visto Nymphomaniac e adesso me li sto guardando tutti (stasera Le variazioni).

Su Nymphomaniac avrei molto, moltissimo da dire. Ma la verità è che ci sto ancora pensando. E soprattutto non è detto che una volta pensatoci, avrei voglia, capacità, sintesi per scrivere un post qui. Che risulti anche interessante ai lettori.E quindi.

Quando la protagonista ninfomane dice, sentendosi un essere umano spregevole: “L’erotismo è dire sì. L’amore è dire sì quando vuoi dire no.”

Devo ammettere che su questo punto mi sono interrogata lungamente se nella traduzione dall’inglese ci fosse una differenza tra “amore” e “innamoramento”. In inglese una differenza non c’è. Mentre c’è in italiano. C’è innamorarsi di, che è falling in love with (aggiungo il with perché non esiste senza preposizione), ma non c’è innamoramento, che è la cosa. Il sostantivo.

Ma al di là della lingua che nomina solo le cose, come atto elencativo, mnemonico, pratico, ci sono le cose. Quelle devono solo esistere, che abbiano un nome è secondario, retorico.

L’erotismo è dire sì, senza condizioni e senza ma, perché la condizione di esistenza dell’erotismo stesso è il sì. Ci guardiamo negli occhi, e facciamo quello che vogliamo con i nostri corpi, ben consapevoli che non ci sono altre ragioni per cui ci troviamo lì in quel momento. C’è gioco, divertimento, seduzione lusinga.

A quel punto mi è venuta la curiosità di indagare su che differenza ci possa essere tra erotismo e pornografia. Mi ha fatto riflettere Moana Pozzi, ricordata da Blob questa sera, mentre aspettavo di spararmi l’ntervista di Fazio a Napolitano. “Non c’è differenza tra erotismo e pornografia, perché entrambe sono animali”. Qualcosa del genere.

Per me non è così.

Lo chiamerò nome. L’erotismo ha un nome. Ha occhi, ha capelli, ha sguardo, ha colore degli occhi. Ha mani, odori. Per una donna eterossesuale ha sensazioni precise peculiari uniche nel momento dell’ inserimento. Ma soprattutto ha memoria. La chiamerò memoria.

La pornografia prima si comunica, poi si sente. E non ha ricordo. Si può sovrapporre. Le immagini porno – perché trattandosi di semiotica sono “segni”- si possono confondere l’una l’altra. Conta poco l’animalità.  E ad amare sono buoni tutti.

Anche perché l’amare è un racconto, è un’idea. Una finzione che si svolge gran parte nelle nostre menti (non fraintendetemi, non sono quella che dice “ah, l’amore mi ha deluso, l’amore non esiste”. No, non sono quella.). L’innamoramento è una cosa così solitaria, e allo stesso tempo platonica. Quando Joe, protagonista di Nymphomaniac racconta la sua storia, parla di un amore. Un racconto di un amore, che ci deve essere, come stella fissa. E il confessore le risponde: “ma la sua storia ha delle incongruenze”. Joe ribatte che al fine della narrazione non ha importanza che sia inventato, ma al fine della confessione è fondamentale che lui le creda. (Lo dice in modo molto più semplice, la mia potrebbe essere una interpretazione, in definitiva, ma anche in questo caso: sarebbe importante ai fini della narrazione di questo post, ma non del suo significato: vi sto raccontando, e voi dovete credermi).

La pornografia è l’inferno. Non avere memoria. Non poterne scrivere, non poterlo raccontare, nemmeno fingerlo. Niente.

C’è un altro punto nel film. Il confessore / o forse proprio Joe dice che l’umanità si divide in chi si taglia le unghie cominciando dalla mano destra e chi lo fa dalla mano sinistra. Ci si riferisce ai destri, in caso di mancini il discorso è da invertire. Chi taglia prima la mano destra aspetta il piacere supremo della mano sinistra (che verrà meglio, perché svolta dalla mano destra); chi taglia prima le unghie della mano sinistra sa che è quella che verrà meglio, ma soprattutto sa che può non esserci tempo nella vita per una mano destra. E quindi, di fronte al tempus fugit, meglio l’immediato fulgore della sinistra.

Proprio qualche tempo fa pensavo alla stessa cosa, ma con lo smalto. Io non sono in grado di prendere una posizione al riguardo, e se l’umanità si dividesse in chi si mette prima lo smalto a destra e poi a sinistra, mi troverei nella zona grigia del dipende.

So che quando vado di fretta mi metto lo smalto prima sulla mano sinistra, che è quella che viene meglio, e ho una parziale sensazione di perfezione. Sufficientemente a farmi salire sul tram col biglietto obliterato alla prima fermata.

Quando ho tempo invece metto lo smalto prima sulla mano destra, perché l’attesa della perfezione sulla mano sinistra, mi farà essere più precisa con la mano destra. Arriverà il momento della mano sinistra, e sarà la perfezione. Ma intanto, Olga, fai la mano destra al meglio che tu possa.

 C’è  l’amore, che non ha la forma del dire sì quando voglio dire no, ed è imperfetto, perché vive della forza di ideale perfezione maturata durante l’innamoramento. Forse non esisterà, ma ne esisterà una versione raccontata. Ma soprattutto, forse nessuno si accorgerà mai che delle due mani pittate è quella di sinistra che è venuta meglio, perché è chiaramente tutta nella nostra idea di esperienza.

Una cosa la so. Per imparare l’erotismo, bisogna praticarlo, tenendo sempre presente che si tratta di mettere lo smalto sulla mano destra. Si può diventare bravissimi, ma con pazienza, calma, e con tutte quelle banalità sulla mano sinistra. Ma soprattutto direi che va centellinato.

Anche se dividere l’umanità in due categorie è un po’ da sfigati.


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