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Porno sì, ma femminista. Ecco le regole dei film hard di Erika Lust

Creato il 20 ottobre 2015 da Trescic @loredanagenna
Donne e uomini trattati e pagati allo stesso modo, attori consenzienti e sopra i 23 anni, posizioni in scena scelte dai protagonisti del film. Sono le regole base del porno femminista di Erika Lust. Arriva dalle pagine web dell’Independent il reportage dal set di If The Apocalypse Comes, Fuck Me, l’ultimo film girato dalla 38enne regista svedese, celebre per aver dato vita da alcuni anni ad una produzione pornografica che non ricalca i metodi “maschilisti”, “violenti” e oppressivi nei confronti della donna. Querelle concettuale e politica di non poco conto quella dell’agguerrita Lust, che del porno femminista ha fatto una bandiera citando decine di testimonianze di attrici e registi del porno mainstream che hanno abbandonato i set per il fastidio provato. Esempi? Tanya Winn, alias Jersey Jaxin, che nel 2007 ha lasciato il magico mondo della pornografia tradizionale, di produzioni come New Sensations e Madness Pictures, sostenendo: “Allo sperma sul viso ripetutamente e a schiaffi e pugni non c’è mai fine. Su quei set sei un pezzo di carne, un oggetto, non un essere umano con uno spirito. Gli attori si riempiono di droga perché non riescono ad affrontare il modo con cui vengono trattati”. Ebbene, Lust si tiene ben lontana dall’inferno estremo di cui sembra essere pieno il porno che arriva dai grandi hub del web. “Un sacco di porno non significa divertimento per chi lo fa e lo crea, ma segue dettami punitivi come “picchia quella cagna in calore” o “Dobbiamo punire e fottere quella puttana’. Questo potrebbe non essere un problema per le persone che hanno avuto rapporti sessuali nella vita reale, e sanno di cosa si tratta. Ma può essere un problema più grande per tutti quei ragazzi che devono crescere e vogliono conoscere il sesso”. Così sul set catalano di If The Apocalypse Comes, Fuck Me si ritrovano due attori che non fanno del porno la loro unica ragione di vita e di professione. Lei è la 23enne argentina Maria Riot, più tondeggiante figura botticcelliana che magra caucasica all’americana, che nella vita fa la fotografa, l’attivista politica e recita nei porno da nemmeno un anno. Lui, Luke Hotrod, di anni ne ha 34 e di porno ne ha girati centinaia. Così se sembra rispecchiare parecchio i canoni del porno mainstream a partire delle dimensioni esorbitanti del pene, per Erika Lust basta sapere che Luke è principalmente un musicista e quindi adatto al suo porno femminista. La trama del film vuole che ci si ritrovi in un futuro apocalittico nell’anno 2180. La protagonista non incontra un essere umano da anni, è affamata di sesso e molto eccitata, quando finalmente vede lui e decide di avvicinarsi per sedurlo. Lui è solo, si masturba, poi scopre la donna, si saltano addosso, rotolano sul prato. Anche se dal set con cast tecnico quasi tutto femminile, tra qualche sculacciata e Luke che spinge la testa di Maria durante una fellatio, l’inviata dell’Independent non rileva grandi differenze da un porno mainstream e lo riferisce alla regista. La Lust allora fa capire la distinzione sottile della sua pornografia: “Non c’è qualcosa di giusto o sbagliato quando si fa sesso, l’unica cosa che conta per me è il consenso tra i due adulti”. Sembra scontato, ma fa una differenza enorme. Ed è ciò che contraddistingue il porno femminista di Erika. Mentre nel mainstream non si è mai sicuri di essere di fronte ad attrici consenzienti, la regista svedese prima di iniziare a girare intervista i suoi attori (vestiti), gli mostra ciò che vorrebbe da loro sul set e, se percepisce possibili incertezze, ne cerca altri. Lo chiama processo di “fusione”, come del resto chiama “vagina” il suo team di tecnici che lavora in post-produzione per le correzioni di colore e montaggio. Chiaro che il porno femminista non può direttamente insegnare ad un adolescente il significato di “consenso” richiesto, ma può almeno promuovere un’idea alternativa a quella comunemente intesa di approvazione: “Non si può cambiare il fatto che venga venduto del cibo “trash” tutto intorno a noi, ma si può fare come Jamie Oliver e cercare di cambiare atteggiamenti e mentalità rispetto al cibo”, spiega la Lust. Giunta al quarto lungometraggio, la regista svedese è soprattutto impegnata in XConfession, una serie di cortometraggi nati dalle fantasie erotiche di anonimi suggeritori online. Ed è sul web che vende il suo prodotto di nicchia a 10 sterline l’uno. Prezzo che i famosi adolescenti di cui ci si preoccupa la Lust non possono permettersi preferendo di gran lunga i video gratuiti. Così a chi le dice con tutte queste regole restrittive di aver creato un porno femminista ma elitario, lei risponde: “I miei lavori non sono di nicchia. Il mio porno sta diventando mainstream. E’ il popolo di Youporn ad essere una fottuta nicchia”. The post Porno sì, ma femminista. Ecco le regole dei film hard di Erika Lust appeared first on Il Fatto Quotidiano.

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