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«Porta con mani di santo o soldato / l’intimità col Re, Destra divina / che è dentro di noi, nel sonno.» Pier Paolo Pasolini

Creato il 18 marzo 2014 da Bernardrieux @pierrebarilli1

-INVITO  ALLA LETTURA- Camillo Langone, "Manifesto della destra divina" a Fidenza lo trovate alla LIBRERIA L'IPPOGRIFO in Via Cavour al 92,   (12.00 euro, Vallecchi editore).

«Porta con mani di santo o soldato / l’intimità col Re, Destra divina / che è dentro di noi, nel sonno.» Pier Paolo Pasolini

Camillo Langone

Recensione.
* Si può leggere questo libro per le sue finalità politiche (o di ricostruzione politica); si può leggere semplicemente come
raccolta di pillole di storia occidentale – e quindi una lettura frammentaria, per singoli temi, come si leggono i libri di Messori; si può leggere come riattaccamento a una “terra” in senso lato che non è soltanto suolo e confine bensì tradizione, luogo di Incarnazione (benedetti i confini e le clausure, le nette separazioni tra ciò che è bene e ciò che è male, ciò che eterno e ciò che invece porta dentro la morte).
Partendo dall’ultima, limpida e meravigliosa poesia di Pasolini, il testamento-manifesto di Saluto e augurio, Langone propone in questo libricino «un manifesto e mezzo» e alla domanda “che cos’è la destra divina” dice: «Pasolini scrive che è difendere, conservare, pregare. I primi due verbi possono sembrare sinonimi epperò difendere implica più impegno di conservare. È implicita una dose di rischio: se è necessaria la difesa significa che qualcuno sta perpetrando un’offesa». Se le prime due azioni sono proprie degli uomini e degli animali, la terza, pregare, «è un’esclusiva degli uomini»: sulla consapevolezza di questa sicura «intimità col Re», Langone chiede quindi una destra che sia difesa dell’uomo dall’uomo, in una relazione continua e viva col sacro.
Sono molte, in rete, le recensioni che stroncano il suo lavoro: quasi tutte da destra; una, in particolare, da quella destra estremamente atea che è Casa Pound, la quale accusa l’autore di non costruire un pensiero forte: «E infatti Langone, nonostante le intenzioni sbandierate, rimane debole, debolissimo».
Ma è proprio questo il punto: non c’è nulla da costruire a tavolino, nessuna ideologia razionalista da fondare o rifondare. Tutte le opposizioni con cui viene organizzata la struttura del libricino («bicicletta versus aereo», «culto versus cultura», «domenica versus weekend», «onomastico versus compleanno» ecc) non sono i “punti” di un manifesto di partito, ma excursus, richiami e riflessioni – molte dotte e provocanti – di chi, pur atteggiandosi a mondano dandy con uno stile spesso duro come testi di Frankie HI-Nrg, parla al tavolo di un locale con amici modaioli, sorseggiando Negroni. È vero, risulta antipatico un tale parmigiano che sfoggia marche e cataloghi di aziende vestiarie specializzate mai sentite – immagino costosissime – e ancor più antipatico il fatto che scrive su Libero o sul Foglio (dov’è in questo la destra divina, gli andrebbe chiesto). Antipatica è pure la sua esasperata ma letteraria misoginia – già immagino inorridire il volto di qualunque moderna femminista mentre leggiucchia qua e là il libro in questione.
Ma non è l’antipatia il punto, non è questa la lezione. Chi si aspetta dal Manifesto un chiaro e nuovissimo “decalogo della destra divina” rimarrà deluso, perché il Decalogo, ricorda Langone, è già stato scritto: «La destra divina non è migliore perché rispetta il Decalogo, è migliore perché nel Decalogo crede». Il punto è proprio questo “tener presente” dell’autore: in ogni pagina del libro, mentre il lettore sprovveduto cercherà affannosamente un diktat, una regola destra, non destrorsa, magari estrema, c’è «l’obbedienza» che si traduce in una relazione continua con il Dio rivelato e vivo e le leggi che ha imposto all’uomo per l’uomo. Un’obbedienza che Langone contrappone giocosamente alla «coscienza»: non certo quella libera perché ispirata dalla Verità (e che quindi “viene da fuori”), ma quella abbandonata «alle preponderanti forze del secolo, alle mode, ai mimetismi, alle maggioranze» e riempita col “niente” del relativismo, per cui alla fine tutto va bene. Obbedienza che è citazione concreta della Bibbia – la Parola di Dio – e dei Padri della Chiesa – come Agostino – e traduzione nella vita dell’uomo: cose insomma con cui la destra, per essere divina, deve misurarsi. Cose che la destra, divina, deve “tener presente”.
Ecco quindi un altro motivo, oltre allo snobismo parmigiano, per cui Langone risulta antipatico: sa che l’uomo non è buono, perché Gesù l’ha detto; sa che la Verità con cui si misura non è sua, non l’ha inventata lui, ma è stata rivelata (e continua a rivelarsi: bellissime le pagine che, riprendendo Ratzinger, parlano del culto liturgico come «presente vivo»). Parola, “Rivelazione”, che non può che provocare pruriti e antipatie tanto su pelli sinistre (che dall’Illuminismo sono nate) quanto su pelli destre (nel senso di «profane», anch’esse nate dall’Illuminismo). Per carità, se il libro non è politico, tanto meno è teologico: non è che Langone discuta, ad esempio, sul “maschio e femmina Dio li creò”: semplicemente sa che “maschio e femmina Dio li creò”, come lo sapeva Mogol quando scriveva i testi per Battisti.
Oltre alle pagine bellissime sulla confessione, la domenica, il culto, la bicicletta, la caccia, l’onomastico, il tempo e l’orologio, il presepe – e sono pagine scritte col pathos e l’onestà di chi le vive presentemente in prima persona – questo Manifesto, che ogni destro a vocazione divina deve leggere, è tutto un racconto a puntate dove ben vivo è lo spazio del sacro, ben delimitato; dove il timore (in senso cattolico) del sacro è il chiaro punto di partenza per ogni vivere e avventura, politica compresa.
Giorgio Casalihttp://feeds.feedburner.com/BlogFidentino-CronacheMarziane

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