Sono anni strani, anni durissimi. Una crisi, che va avanti senza tregua da sette anni, non dà fiato e la vita diventa sempre più difficile. Uno degli aspetti che colpisce di più è la mancanza di solidarietà e il continuo conflitto, spesso tinto di odio che c’è tra la gente. Aldo Cazzullo ha affrontato più o meno questo tema dalle colonne del Corriere della Sera. Se si dà un’occhiata alle risposte on line ai giornali e ai dibattiti, così come sui social network, lo spaccato che si presenta è sconcertante. Tutti si mandano a quel paese. Tutti si sbranano, si danno contro, accusandosi di non sapere, di servilismo, di essere raccomandati, di essere succubi della politica, di non capire i drammi dell’Italia. Insomma, una desolazione, povera e meschina. Tra l’altro tra persone che neanche si conoscono e, come quasi sempre accade sul web, non si sono mai viste in faccia. E’ quasi sempre tutto gratuito, presunto, figlio di un disagio diffuso e preoccupante. Dalle ricerche di alcuni istituti specializzati questo disagio ha due fasce d’età abbastanza definite: dai 30 ai 40 anni circa e sopra i 55. Ma non finisce qui. Un altro aspetto di questo disagio è rappresentato dall’invidia, strisciante, inarrestabile soffocante e che tocca un po’ tutte le età. E’ recente la lamentela forte e decisa di Giorgio Bracardi contro Renzo Arbore. In pratica Bracardi accusa Arbore di avergli scippato una parte della paternità di un programma radiofonico di successo. Ma ciò che è peggio dà a Arbore dell’incapace a suonare e cantare, dello strimpellatore e del conduttore appena sufficiente. E qui c’è un’altra abitudine italiana, dar la colpa agli altri della sfiga, dell’insuccesso, delle disgrazie. Le persone dimenticano che c’è una differenza abissale tra il saper fare e gestire e il collaborare, il dare un contributo, piccolo o grande. Chi gestisce ha in mano il pallino e tutte le responsabilità, mentre gli altri danno un contributo, standosene quasi sempre nel proprio guscio e poi rivendicano il tutto. Non capiscono la differenza tra chi gestisce la baracca e chi fa il portatore d’acqua. Un ruolo utile quando si deve bere o bagnare qualcosa, ma poi tutto finisce e quando la vita ci chiede di andare avanti da soli, per loro accade poco o nulla. Come per i Bracardi di turno, che da soli si alimentano quasi solo con i ricordi di ciò che hanno fatto con gli altri, accusati poi di esser “scippatori”. Sono tempi duri, ma il portatore d’acqua deve capire il suo ruolo senza odiare, insultare gli altri e recriminare ciò che non si sa conquistare da solo.
A presto. See you soon. A la prochaine