sono in camera, sveglia da un pochino.
ma un amico è rimasto a dormire nel mio salotto ieri sera e per non svegliarlo gigioneggio ancora un pochino a letto. ieri sera mi ero premunita di mettere il computer in camera sapendo che mi avrebbe fatto comodo.
ieri sera il classico imbarazzo di quando hai ospiti e è il momento di andare a letto. andare in bagno, lavarsi i denti, buonanotte e chiudere la porta, che quando sono sola in casa mica la chiudo, ma serve per dire: “ora si dorme, qui ci sono io, lì stai tu”.
una porta mi separa dal corridoio e la porta di casa mi separa dalla mia scarpa.
l’ho messa fuori per sankt nikolaus ieri sera, chissà se è passato…(a proposito! buon onomastico a tutti i nicola!)
sono curiosa di andare a dare un’occhiatina.. ma aspetto che siamo tutti svegli.
che strana invenzione una porta.
nel bellissimo e terribile film di kim ki duk (primavera estate autunno inverno e di nuovo primavera) di cui vi avevo raccontato qualche settimana fa l’accesso al tempio è da una porta sulle rive di un lago.
una porta senza senso, che non ha un muro a sinistra o a destra, ma attraverso la quale tutti passano aprendone le pesanti ante di legno.
una porta è più di un oggetto, è un simbolo, la parte mobile di una cosa immobile, quello che ti fa andare di qua e di là da un muro ma anche quello che ti tiene fuori.
non riesco mai a entrare quando busso a una porta chiusa, non riesco mai a sentire l’ “avanti”.
non riesco mai a aprire le porte degli hotel con quelle chiavi misteriose fatte a carta di credito.
anche quando non c’è, si sa comunque che è una porta e ne percepiamo la presenza.
sto sentendo proprio adesso una porta che si apre. si è svegliato e è sotto la doccia.
bene! sono libera!
buongiorno!!!
caffè latte, frutta. marmellata e pane abbrustolito per tutti!