Porti e approdi antichi in Sardegna, Rassegna organizzata da Italia Nostra.

Creato il 10 marzo 2011 da Pierluigimontalbano

Rassegna culturale sulla Sardegna come interfaccia di scambi con l'esterno.
E' in corso la rassegna organizzata dall'Associazione Italia Nostra Onlus, che vede la partecipazione di alcuni archeologi su temi riguardanti porti e approdi antichi nell'isola (vedi locandina nell'immagine). Ho assistito ai primi incontri e ho pensato di regalare ai lettori che non sono potuti intervenire, la sbobinatura delle relazioni, scusandomi fin da ora per la presenza di qualche piccolo errore, dovuto a mia imperizia per la difficoltà di trasformare il "file" registrato in "file" leggibile.
Porti e approdi della Sardegna antica.
di Carlo Tronchetti

L’isola, fino a una decina di anni fa, era vista come una terra di conquista e colonizzazione da parte di genti straniere che arrivavano, invadevano le coste e occupavano il territorio portando la loro cultura. Oggi esiste una tendenza marcata a studiare la regione come interessata da una rete di scambi, in tutto il Mediterraneo, e come incontro di culture, senza prevaricazioni.
Due culture che vengono a contatto danno vita a una terza, frutto delle contaminazioni fra le precedenti. Ogni cultura si presenta alle altre con delle cose nuove che vengono recepite, elaborate e assorbite con un processo di modificazione che le adatta alla propria cultura.
Dobbiamo intendere la rassegna “porti e approdi” come interfaccia che divide ma unisce genti diverse che vengono a contatto. Il mio intervento riguarda il tratto di costa che ospita Nora, Bithia e altri approdi come Capo Malfatano e Porto Pino, poco indagati e dunque difficili da inquadrare.
Nora si presta bene ad essere interfaccia di incontri perché offre un approdo riparato e accogliente. Abbiamo due corsi d’acqua e una fascia di pianura che consente di collegarsi al Campidano. Inoltre, scavalcando un passo, si arriva a Bithia e ad altre vie che in antichità erano utilizzate per attraversare le montagne fino alle zone minerarie. Oggi conosciamo bene l’abitato di Nora, e i lavori di scavo vanno avanti.

Bithia è un piccolo promontorio su cui si trova l’abitato, pur se gli interventi di scavo hanno messo in luce solo tracce sulla collina, forse perché gli interventi sono stati poco approfonditi. Nella parte bassa si trova un tempio dedicato a Bes e un’ampia zona di necropoli.
La costa sud occidentale della Sardegna favorisce l’approdo per le rotte che vanno da Oriente a Occidente, e offre un buon porto per i viaggi dalla Sicilia e da Cartagine. I venti e le correnti suggeriscono queste rotte e certamente in antichità le attività marinaresche tenevano conto soprattutto degli eventi naturali. Il Mar Tirreno si presenta come un triangolo che ha un vertice in Sicilia, uno nell’Africa Settentrionale e l’ultimo nel tratto fra la Corsica e la Toscana. Le terre che si affacciano in questo triangolo d’acqua sono da sempre in contatto fra loro.
Nell’Età del Bronzo, la zona fra Sarroch e Pula è interessata dal contatto con il mondo miceneo. La cultura micenea è alta e gerarchizzato, e giunge in tutto il Mediterraneo Occidentale alla ricerca di metalli, fino alla penisola iberica. Le comunità locali sarde furono certamente toccate dai micenei e nelle zone costiere il contatto fu forte. La Grecia micenea e Cipro mostrano ceramiche identiche a quelle ritrovate in Sardegna e, soprattutto ad Antigori (Sarroch), si nota una comunità che acquisisce ceramiche di lusso, grossi orci per la conservazione di derrate e manufatti domestici.
Da Sarroch a Nora è attestata la presenza dei micenei ed è verosimile che l’influenza sia arrivata fino a Decimoputzu, vista la preziosa statuetta con un volto umano che indossa un elmo in avorio decorato con denti di cinghiale, identica ad altri esemplari presenti proprio nella Grecia micenea.
Il porto di Nora è stato individuato da indagini archeologiche subacquee di Ignazio Sanna, un tecnico della sovrintendenza. Si nota un canale ben tagliato, scavato sott’acqua, che si dirige verso l’attuale peschiera, e ai lati si notano accumuli di cocci. Le strutture del porto sono di età punica e romana, ma l’insenatura mostra tracce di lavori precedenti.
I segni dei primi insediamenti sono deboli ma la ceramica è notevole, e possiamo affermare che la frequentazione più massiccia avvenne dall’VIII a.C. fino al VII d.C., in età bizantina. Circa 1500 anni di storia che mostrano una fioritura di Nora intorno al 650 a.C., con la presenza di ceramiche greche più antiche, recentemente scoperte, che offrono uno scenario tutto da studiare. La ceramica dal 750 al 700 a.C. è locale, prevalentemente da cucina, non oggetto di commercio. Intorno al 700 a.C. aumenta la ceramica fenicia fino a raggiungere, intorno al 650 a.C., una quantità che supera quella indigena. Parrebbe che i fenici arrivano intorno al 720 a.C., iniziando a collaborare con gli indigeni e a stabilirsi con propri insediamenti in luoghi dove c’era una forte presenza di nuragici. L’integrazione è pacifica e la costa era un punto d’appoggio per i navigli che stagionalmente giungevano per commerciare. Nasce una comunità mista e non si rileva più se è fenicia o indigena. Dal 650 a.C. in poi si nota in Sardegna un incremento di fenici, forse spinti dagli Assiri ad abbandonare le coste orientali. La costa sarda presenta ormai una popolazione con fenici già integrati ed è verosimile che i nuovi arrivati si mescolino proprio nelle zone dove gli antenati erano più numerosi. La componente fenicia aumenta, ma nel giro di 5 generazioni (750-650 a.C.) è probabile che, almeno nella costa in esame, sardi e fenici fossero divenuti un popolo unico.
I fenici che arrivavano portavano, oltre i prodotti, anche idee e tecnologie.
Forse l’approdo di Nora era sfruttato anche come base d’appoggio dai navigatori etruschi e greci, ma i rapporti più stretti in questo primo periodo furono con i fenici. Le ceramiche e gli altri materiali di ambito tirrenico sono meno numerosi. I cocci più significativi mostrano una forte collaborazione fra popoli ed è complesso individuare quando si tratta di pezzi di importazione o copiati dai locali.
A Bithia è stata scavata una necropoli fenicia intatta che ha restituito materiali interessanti. Oggetti di pregio come uova di struzzo decorate e utilizzate come brocche, con l’aggiunta di protesi in avorio simili a quelle scavate nelle necropoli etrusche, lungo il corso dell’Arno. Oltre alle ceramiche fenicie, nelle tombe di Bithia si trovano anche ceramiche etrusche integre. Interessanti sono, oltre alle classiche incinerazioni fenicie, anche alcune tombe ad inumazione in cui il defunto aveva sul petto resti in ferro e bronzo uniti ad un pugnaletto. Erano personaggi nuragici che, intorno al 650 a.C., vivevano in un ambito fenicio. Sono stati trovati anche vasi nuragici contenenti resti carbonizzati di defunti, quindi un rito fenicio applicato a personaggi sardi. Probabilmente anche Bithia è un insediamento misto. Man mano che si scava in Sardegna, si sta attenti a nuovi dettagli e questi studi mostrano rapporti strettissimi fra sardi e fenici, quasi fossero il risultato dell’unione dei due popoli avvenuta nel secolo precedente.
A Bithia è stata trovata la statua di Bes che oggi si trova al museo archeologico di Cagliari. È un tempio di età romana, con una divinità benefica egiziana (Bes) portata probabilmente dai cartaginesi, che viene venerata anche in Sardegna, a dimostrazione della pluralità di contatti con il mondo esterno. Bes fu forse integrato in Sardegna con qualche divinità della salute, e questo culto è attestato anche da altre statuette di età romana, sempre rinvenute nell’isola. Molte statuette sono realizzate da artigiani che conoscevano meglio l’arte di produrre vasi perché è evidente che le forme derivano da quella scuola. Abbiamo rotolini in argilla che vengono applicati ai vasi per ottenere figure antropomorfe.
Con l’Etruria c’è un evidente feeling, così come con il mondo fenicio e cartaginese. Questi rapporti si notano dai materiali scavati, come ad esempio con le navi di Pyrgi che presentano lettere scritte in etrusco, e in punico nel santuario del porto di Cerveteri. Infatti, dopo il 500 a.C., i rapporti continuano: Nora diventa un insediamento stabile permanente. Prima di questa data non sono state trovate tracce di abitazioni o di insediamento urbano, ma solo buchi per pali o per capanne. Nella necropoli punica di Nora si notano i rapporti con il mondo esterno perché abbiamo, ad esempio, un cofanetto in legno con la decorazione in avorio, databile intorno al 470 a.C., simile a quelli di Tharros. È difficile capire i rapporti fra Nora e l’entroterra perché in superficie sono stati ritrovati frammenti di età punica, ma non sappiamo esattamente cosa c’era al di sotto, né che estensione avesse il territorio di pertinenza del porto. Un altro mondo con cui Nora si presenta come interfaccia di scambi, sempre mediata dalle navi puniche, è quello greco, con Atene in particolare. Da una tomba punica di un personaggio femminile di stirpe greca, vissuta a Nora e sepolta lì, si è capito che i rapporti con la Grecia erano forti, perché è l’unica delle 40 tombe che abbiamo il cui corredo è composto solo da ceramica greca figurata, con scene che ci riportano al mondo femminile. Queste belle ceramiche attiche nere, dipinte, vengono poi copiate localmente sia nel porto di arrivo, sia in altre zone. Le imitazioni, in seguito, diventano prevalenti e dopo circa un secolo, quando i rapporti con il mondo greco non mostrano più contatti, sostituiscono le importazioni divenendo la ceramica buona dominante in tutta la Sardegna. Abbiamo anche delle belle ceramiche nere che provengono dalla Campania, e le officine ceramiche locali recepiscono queste forme di lusso, le riproducono con la tecnica che si avvicina all’originale. Danno vita a produzioni miste con forme di ceramica punica verniciate di nero e decorate come fossero greche. Durante il periodo punico, troviamo anche ceramiche tipiche del mondo romano, a dimostrazione che i rapporti erano buoni con molti popoli. Fra il I a.C. e il I d.C. abbiamo proprio ceramiche di lusso prodotte in Toscana e in Gallia che vengono rielaborate internamente dalle officine artistiche sarde e si diffondono nell’entroterra divenendo le più apprezzate nell’isola. In seguito abbiamo ancora influssi culturali e manufatti che giungono a Nora dall’Africa, e gli scambi proseguono fino all’epoca bizantina. Fino al VI d.C., periodo di decadenza della città di Nora, le infrastrutture portuali erano utilizzate a pieno regime, e la città era un’interfaccia di scambio con tutto il Mediterraneo. Mentre alcune strade di Nora venivano abbandonate e occupate da sculture di animali o altre figure, la grande via che conduceva al porto era tenuta sgombra fino al 650 d.C.
Immagine di Stefano Gesh.

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :