A maggio di quest’anno la Vimpelkom, compagnia composta da un azionariato di maggioranza russo, con partecipazioni olandesi e norvegesi, acquista WIND.
Nonostante il disaccordo dei norvegesi, i russi acconsentono agli egiziani (ex proprietari), di continuare a gestire la parte inerente la rete in attesa di una riorganizzazione della stessa.
Vimpelcom avvia subito il cosiddetto “Progetto” il quale prevede, in via ancora ufficiosa, l’esternalizzazione della stessa.
Si individuano inizialmente 4 possibili acquirenti: Alcatel, Ericson, Nokia- Siemens e Huawei. Dopo l’incontro romano tra sindacati e azienda, tenutosi il28 di settembre passato, si annuncia l’uscita di Alcatel dichiarando altresì che il “Progetto” proseguirà mantenendo la situazione invariata fino al 31 dicembre 2011.
Voci di corridoi, tuttavia, ci dicono che la pole position per l’acquisizione spetti alla Huawei, compagnia cinese, che nel sito di Lorenteggio a Milano ha già preso possesso di una palazzina all’interno della quale lavorano solo dipendenti cinesi.
Questa multinazionale cinese sembra essere la favorita. Sponsorizzata dalle banche governative, che le permettono di operare anche in condizioni di passività, esibisce una liquidità che le consente di avere garanzie tali per cui risulta veramente difficile riuscire a farle concorrenza.
In aggiunta, pare che il Governo italiano stesso veda favorevolmente questo tipo di operazione che, nella migliore delle ipotesi, coinvolgerebbe da 600, fino ad un massimo di 1600 persone per la zona del nord-ovest, con cifre che vanno da un minimo di 1 miliardo ad un massimo di 3 miliardi di euro.
Quali sono le preoccupazioni dei lavoratori?
Si valutino due questioni tra loro interconnesse:1) la manifesta volontà da parte del gruppo Huawei di voler portare il rapporto fra consulenti e personale a tempo indeterminato da 2 a 1 a 1 a 1. Cosa che inevitabilmente comporterebbe una riduzione del personale fisso nella fase di esternalizzazione.
2) qualora effettivamente la Huawei si aggiudicasse i centri gestione e manutenzione rete sia fissa che mobile, quale sarebbe il contratto che questi lavoratori si troverebbero costretti a firmare, considerando che nella finanziaria e’ stato inserito ed approvato l’art. 8 che deroga al rispetto dei contratti nazionali collettivi?Le giuste considerazioni sollevate dai lavoratori sono avallate dal fatto che sul sito di Lorenteggio presso la Huawei lavora solo personale cinese il cui inquadramento contrattuale non è noto a nessuno, così come non risultano esserci rappresentanze sindacali all’interno della struttura.
Le nostre domande in proposito sono le seguenti:
1) può una multinazionale che opera su territorio italiano applicare contratti diversi da quelli nazionali emersi da contrattazioni democratiche, con condizioni di lavoro diverse da quelle che vengono applicate dalle nostre aziende rendendo così difficile, se non impossibile, reggere la concorrenza che viene loro inevitabilmente fatta?
2) chi ha il compito di vigilare affinchè il lavoro svolto segua la normativa nazionale?
3) sono già stati fatti dei controlli? Se si, con quale esito?
4) in un periodo in cui, nonostante la conclamata crisi economica, si continua a parlare di intercettazioni, quale rischio comporterebbe per il Paese Italia cedere le nostre reti ad una multinazionale cinese e quindi al suo Governo?
Corsi e ricorsi, ma puo’ sempre finire cosi’?
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Massi