Posso avere un lieto fine? No

Da Marcofre

Si dice che la gente voglia il lieto fine. Perché ci sono già tante difficoltà nella vita di tutti i giorni, e per l’amor del cielo fateci ridere ed essere spensierati, e battiamo felici le mani, che di tragedie ce ne sono già abbastanza.
No.

Non si tratta affatto del gusto per il macabro, la tragedia, i  morti e gli sconfitti. È qualcosa che in realtà è più semplice da comprendere: nessuno vuole davvero un lieto fine. Perché non c’è, non esiste, è solo una parentesi (in attesa del tornado), e poi… Chi ama i finali felici è il primo a lamentarsene quando gliene capita uno a tiro.

E anche se non lo confesserà mai: è più indimenticabile Achab legato al fianco della balena bianca che fa segno ai suoi di seguirlo negli abissi dell’oceano (lui è morto mentre fa quel gesto), di qualunque altra favoletta tutta miele&cuoricini.

Come ho già scritto in passato, alcuni finali di romanzi sono pure convenzioni. A un certo punto, occorre chiudere, e si offre un finale perché lo vuole l’editore e il lettore.
Ma ci si accontenta (come lettori).

Chi scrive in un certo modo sa con sufficiente chiarezza che il discorso che si porta avanti continuerà col prossimo libro. Adesso chiudiamo questo, e passiamo ad altro.
Raskolnikov se ne va a scontare la sua pena in Siberia, e giustizia è fatta (così pare).

Si potrebbe anche osare un’altra affermazione. Con così tanta produzione di contenuti allegri (sfornati da certa stampa e televisione), non c’è alcuna ragione per prendersela con il “Moby Dick” solo perché alla fine sopravvive solo Ismaele. Però a parer mio l’esistenza di quel preciso tipo di stampa e televisione dimostra semmai che il lieto fine è illusione che non fa crescere i muscoli per battersi.

Non si scrive per avere successo (benché molti lo desiderino con ardore e a volte per puro caso, accade): lo si fa e basta. Così come non ci si batte per vincere, ma perché occorre farlo. Nella lotta, c’è l’individuo, il senso della sua presenza, qui e adesso. È e sarà comunque memorabile, proprio perché unico e irripetibile.

Si dirà: ma non ci sono spettatori per certe battaglie, o non ce ne sono a sufficienza. E non è eroico e meraviglioso proprio per questo?