Post-apocalittico glamour

Creato il 17 aprile 2015 da Mcnab75

Arrivo in ritardo, ma arrivo.
Così, con lentezza non voluta, affronto film che altri hanno visto e recensito molti mesi fa. Ne parlo solo quando ne vale la pena, ritenendo, come è noto, abbastanza superfluo scrivere in questa sede delle recensioni per ogni cosa che mi passa davanti agli occhi (libri, film etc).
Per Oblivion (2013, regia di Joseph Kosinski) dunque ne vale la pena? Credo di sì, ma per ragioni non necessariamente legate al valore della storia rappresentata sul grande schermo.
Stiamo parlando di un film discreto, ma che non entrerà nei cult della fantascienza. Oblivion si avvale però di una fotografia eccezionale, nonché di una rappresentazione della nostra Terra, in versione post-apocalittica, diversa dal solito e per questo affascinante.

Nella seconda metà degli anni 2000 la Terra è stata devastata da una guerra nucleare che gli umani hanno combattuto e vinto contro gli invasori alieni. La Luna è stata distrutta e questo ha causato terremoti, tsunami e diversi sconvolgimenti che hanno reso il pianeta una landa desolata in cui è possibile solo scorgere qualche rovina di quel che è stato.
In seguito alla devastazione l’umanità è in esodo su Titano mentre sul nostro mondo gli ultimi impiegati si assicurano che i grossi macchinari che prosciugano le risorse naturali (per generare energia utile alla vita sul nuovo pianeta) non siano distrutti dai pochi alieni rimasti. Due di questi impiegati, quasi arrivati al termine del proprio impiego, si imbattono in alcuni astronauti lanciati nello spazio decenni prima ma ora atterrati rovinosamente, che il sistema inspiegabilmente riconosce come “minacce”. (Fonte: MYmovies)

Questa è, per sommi capi, la trama. Non mancano i colpi di scena, né un cast di tutto rispetto, col solito Tom Cruise che, piaccia o meno, con certi ruoli recita quasi a occhi chiusi.

Ma in questa sede volevamo parlare di foto, costumi e scenografia, giusto?
Allora cominciamo col dire che tutto questo aspetto del film è stato curato da Daniel Simon, con Marlene Stewart ai costumi.
Entrambi hanno dovuto rispettare la volontà del regista, che desiderava girare un film interamente basato sul gioco di tonalità tra bianco e grigio.
Qui sta la prima, grande novità. Non so se ci avete mai fatto caso, ma i film di fantascienza apocalittica hanno dei colori che variano quasi sempre dal giallo-ocra al marrone, a rappresentare la decadenza, la consunzione, le sabbie post-atomiche (etc etc). Non sono scelte casuali. Ogni sottogenere ha le sue “cromature” specifiche. Il distopico, per esempio, vira sul blu-scuro. Il cyberthriller è verde-matrix o azzurro-Facebook. Il supereroistico abbonda di rosso. E via elencando.

Bene, in Oblivion abbiamo un originale post-apocalittico che punta forte sul bianco/grigio.
Bianco elegante, tra l’altro: quello delle tue di volo, dei velivoli, delle armi. Si tratta di una peculiarità che funziona e che convince.

Ancor più belle sono le riprese aeree di un pianeta completamente livellato, e tornato quasi totalmente a uno stato brado. C’è molto mestiere, molto talento fotografico, nel mettere insieme uno scenario del genere. E lo spettatore si lascia incantare che è un piacere, a dispetto della storia a volte troppo lenta, o un poco macchinosa.

Ma è sufficiente un’ottima fotografia per promuovere un film?
Dipende da come vi approcciata alla pellicola. Per me il cinema è anche magia visiva, e non solo narrativa, quindi la risposta è sì.
Non sempre low budget e visto-non-visto riescono a soddisfare ciò che cerca lo spettatore.
Inoltre Oblivion non è un blockbuster movie classico, bensì qualcosa di più ricercato.
Se non l’avete ancora visto, fatelo.

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