Questo è il quadro a cui accennava il mio Amico Guiotz nel commento al post precedente.
E' dello stesso autore de La cena, Antonio Lopez Garcia.
Mi sono resa conto solo ora che è autore anche di due statue situate a Madrid, accanto a una delle quali è ritratta un'Amica mia e di Guiotz.
Ma sto divagando!
Io non ho studiato Storia dell'Arte se non al liceo, per due ore alla settimana.
La mia prof era una donna molto in gamba, dal cognome impronunciabile e simile al nome di una famosa vodka e dalle gambe snelle e bellissime.
Aveva delle gambe snelle e bellissime, a parer mio, perché insegnando Storia dell'Arte in tre scuole diverse doveva correre quotidianamente da una scuola all'altra, e si sa che la camminata veloce giova e tonifica.
Ma sto ancora divagando!
Insomma, non sono un'esperta.
Non sto a giudicare il fatto che nel medioevo le Madonne guardassero o per terra o per aria, mentre dal Rinascimento in poi i personaggi ritratti abbiano iniziato a "guardare in camera" sempre più spesso, magari con un sorriso beffardo come la Gioconda, perché grazie all'Umanesimo si è passati a una visione antropocentrica bla bla bla.
No, io vado a naso. Anzi, a pancia.
Se un'opera mi turba, allora mi piace.
Quelle di questo Lopez Garcia mi hanno turbato.
Forse perché i personaggi della Cena sono così simili a quelli del romanzo da cui poi è stato tratto il film The hours.
Il bimbo ha un disperato bisogno di parlare con qualcuno, ma non ci riesce.
Vorrei entrare nel quadro e abbracciarmelo, quel bimbo.
E quella carne ritagliata da un giornale e incollata lì, su quella tavola tanto piena ma così vuota, come a dire che il cibo sa di carta se non è accompagnato da voci affettuose.
E l'altro quadro, invece, con quella donna col cappotto rosso, molto incinta, che guarda con apprensione un'altra donna che non è più al mondo e invece sì che è ancora al mondo, in qualche modo.
Io ci credo, al Bene che rimane, e non mi dispiacerebbe vedere una certa figura comparire in casa nostra.