Post.Diario di una relazione a distanza(?): riflessioni pedagogiche al “limite” 2

Da Psychomer
By
Azzurra Spreafico
novembre 16, 2010Posted in: pedagogia

L’anno scorso il mio ragazzo è stato sei mesi per il tirocinio post laurea a Londra…. (leggi qui la prima parte)

Finalmente, dopo milioni di week end, telefonate e videochiamata, eccola, l’estate! Io prenoto un volo di andata e resto a Londra per un mese e mezzo.

Sono contenta di essere a Londra, esserci con il mio ragazzo e di creare un minimo di routine quotidiana. I mezzi di comunicazione sono tra-passati da una relazione face to face; non si deve parlare per forza per comunicare, si può godere del silenzio. E io ho capito proprio a Londra quella frase tipica de “Il silenzio dice più di molte parole”. Finalmente si tornava a una relazione in presenza; i mezzi di comunicazione permettono o promettono solo una falsa vicinanza,  che ti rende ancora più sofferente quando scopri che parlare al telefono o alla videochiamata non è sufficiente al vivere di una relazione.

Stare a Londra non è comunque stata una passeggiata. Si trova casa in tre giorni; i coinquilini cambiano continuamente; la conseguenza è una reale difficoltà a farsi degli amici. La povertà di relazioni è una grande sofferenza. A questo proposito voglio parlare di Reka e Andreas, due nostri amici ungheresi che vivono a Londra da un anno e mezzo. Una sera Andreas, che peraltro parla italiano perfettamente dopo un breve periodo di studio a Milano, mi disse “Sai in questi mesi mi sono affezionato al tuo ragazzo  e mi dispiace veramente che dobbiate tornare in Italia. (Ha anche tentato di convincerci a rimanere a Londra)Qui è difficile farsi degli amici; i coinquilini vanno e vengono, le persone arrivano e partono, cambiano casa, cambiano città o quartiere. E’ veramente difficile, facciamo fatica, dopo un anno, a mantenere delle relazioni adeguate in Ungheria e qui quando inizi ad affezionarti a una persona, dopo un lungo periodo (che col tempo si allunga sempre di più) di diffidenza, eccola che parte.

Fare amicizia comporta energie, che spesso non mettiamo in campo quando sappiamo che quel territorio non ci apparterrà per sempre; la conseguenza è il senso di solitudine e impotenza.

Il primo mese di ritorno in Italia mi sono poi sentita in una “terra di mezzo”. Mi mancava Londra, mi mancavano i pochi amici che mi ero fatta e le piccole cose inglesi (il muffin del mattino, la spesa a piedi, la metro al posto della macchina, la cena alle sei, la chiusura dei pub a mezzanotte, i musei gratis, i numerosi festival dei week end, le passeggiate in riva al thames, le samosa alle due di notte, il cibo indiano economico…) ma non era la mia casa; così come non lo era più Merate, una piccola cittadina che sembrava nulla in confronto alla metropoli Londinese.

Sono passati due mesi e, non per essere tragica, ma non ancora capito dove è la mia casa.

Ho però capito perfettamente che ho bisogno di una casa, di un territorio, di un lavoro e, soprattutto, di relazioni significative a cui sentirmi appartenente, per sentire di vivere a pieno, al massimo.

Ti potrebbero anche interessare:

Insegnare a gestire la FRUSTRAZIONE: consigli pratici per genitori, educatori e psicologi!Tradire il partner?! Attenzione alle CUORseguenze!Cinque cose da non dire a un ragazzo dopo un'insufficienzaStrumenti per il pedagogista: Imparare a leggere la WISC III

About the Author

Azzurra, Pedagogista e educatrice professionale laureta in scienze dell'educazione e laureanda in scienze pedagogiche. Se vuoi sapere altro di me leggi alla pagina -chi siamo- oppure aggiungimi in facebook (Azzurra Spreafico). ecco la mia email, nel caso tu voglia contattarmi: azzurra.zazu@virgilio.it Sito personale: www.pedagogistaleccobrianza.it

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :