Crediti: NASA, ESA, H. Teplitz e M. Rafelski (IPAC/Caltech), A. Koekemoer (STScI), R. Windhorst (Arizona State University), e Z. Levay (STScI)
È la più definita, colorata ed esauriente fotografia mai scattata all’Universo, che si è messo in posa per il telescopio spaziale Hubble per il progetto chiamato Ultraviolet Coverage of the Hubble Ultra Deep Field (UVUDF), che permette di guardare indietro nel tempo per 13 miliardi di anni. Prima di iniziare questo studio, gli astronomi avevano già raccolto in passato molte informazioni sulla formazione stellare e sulle galassie vicine grazie a telescopi che lavorano con la luce ultravioletta come il Galex della NASA, che ha raccolto dati per ben 10 anni (dal 2003 al 2013). La maggior parte delle conoscenze degli esperti derivano anche da Hubble, che con le sue ottiche è riuscito ad osservare anche galassie molto distanti da noi. Quelle che mancavano all’appello, però, erano le galassie tra i 5 e i 10 miliardi di anni luce di distanza dalla Terra, vale a dire il periodo in cui più o meno tutte le stelle dell’Universo si sono formate. Le stelle più calde, massicce e giovani, che emettono luce nell’ultravioletto, sono state spesso trascurate lasciando così un vuoto significativo nella conoscenza della timeline cosmica.
La porzione di cielo visibile in questa immagine era già stata studiata dagli astronomi in una serie di esposizioni in luce visibile e all’infrarosso tra il 2003 e il 2009: l’Hubble Ultra Deep Field. Si tratta di una piccola regione nella costellazione della Fornace ed è la più profonda immagine dell’Universo mai raccolta nello spettro della luce visibile. Ora, con l’aggiunta della luce ultravioletta, i ricercatori hanno completato l’intera gamma di colori disponibili per Hubble. L’immagine risultante contiene circa 10 000 galassie, alcune delle quali risalgono a meno di qualche centinaia di milioni di anni dal Big Bang (tra i 400 e gli 800 milioni di anni).
Questa ricerca ha dato agli esperti un accesso diretto a regioni oscure finora mai studiate e che aggiungono un mattoncino in più alla nostra conoscenza della formazione stellare. Osservando a queste lunghezze d’onda, i ricercatori godono di una vista privilegiata sul momento in cui le galassie hanno formato le stelle. Gli astronomi hanno la possibilità quindi di capire come le galassie simili alla Via Lattea siano cresciute da piccole collezioni di stelle molto calde alle strutture massicce che sono oggi.
Dato che l’atmosfera terrestre filtra (potremmo dire per fortuna) la maggior parte della luce ultravioletta, uno studio del genere è fattibile solo se realizzato in orbita con un telescopio spaziale come Hubble. Simili studi sono in programma anche per il futuro, quando verrà posizionato in orbita lo James Webb Space Telescope (JWST).
Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni