Vivo in posto dove l’intelligenza è guardata con sospetto. Dove l’intelligenza cerca di nascondersi e spesso si amputa per poter sopravvivere come fa la volpe con la tagliola. Il silenzio è la lama che infligge il taglio. Chi parla sa di essere fottuto, di non avere più spazio alcuno. Non ci sono alternative, lo spazio è uno solo e anche là dove spuntano fiori non hanno la bellezza e la forza della natura selvaggia, anch’essi sono coltivati e necessitano di fertilizzanti per poter fiorire. Quel concime è veleno, ma chi lo usa non lo sa e se lo sapesse quei fiori sarebbero ancor più velenosi. Vivo in un posto dove la cultura assorbe molto denaro, ma il posto rimane brutto e stupido. La cultura non sono gli eventi eccezionali, quella è propaganda è commercio, ma neppure le letture di libri in piazza, la cultura ha a che fare con la vita di tutti i giorni. Come ti vesti, come mangi, come saluti, come sei. La cultura è un modo di vivere, il resto è solo informazione. Chi fa cultura in Valle ha scelto l’opportunismo. L’omertà. Si affida ai facili concetti di libertà e giustizia. Femminismo e Resistenza. Si affida al conformismo. Agli stereotipi. In stretta connessione con chi ci governa. Chi fa cultura in Valle è complice silenzioso e per questo ancor più miserevole. Chi fa cultura in Valle non fa cultura e lo si vede ogni giorno, girando per la città dove alle facce sono sostituite le maschere.