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Povertà ricchezza dei popoli? Riflessioni sulla scrittura di Albert Tévoédjirè

Creato il 06 dicembre 2011 da Marianna06

Nel suo saggio, dal titolo appunto :" La povertà,ricchezza dei popoli", che io ho proposto invece, nelsuo significato riposto, con un interrogativo, Tévoédjirè s'introduce alla  "scrittura" con una dedica ai  figli, generazioni a venire, prendendo a prestito una frase del grande  Franz Fanon,l'autore de "I dannati della terra",scrittore,saggista e psicoterapeuta di fama mondiale, nativo della Martinica,ex-colonia francese .

Scrive Fanon e riprende Tévoéjirè  : "Come uomo, m'impegno ad affrontare il rischio dell'annientamento affinché due o tre verità gettino sul mondo la loro luce essenziale".

Messaggio decisamente "forte",non c'è che dire.

E non poteva essere diversamente, vista la personalità poliedrica e fattuale di un Fanon.

Cosa significa ?

Significa che occorre avere la convinta consapevolezza, in Africa e fuori dall'Africa, che  la vita e l'opera di un Martin Luther King, che ha pagato con il salatissimo prezzo della sua stessa vita, di un Mandela che ha lottato strenuamente contro l'apartheid,  di un Nyerere,padre dell'Ujamaa tanzaniana, di un Césaire,grandissimo poeta ma uomo libero, non sono state vane.

E ciò, a giusta ragione. Perché se oggi il Continente africano,corruzione politica o meno, democrazie che tali proprio ancora non sono, difficoltà scontate a liberarsi dai vecchi archetipi culturali, comincia comunque, suo malgrado, a camminare con le proprie gambe,lo si deve solo ed esclusivamente a questi africani, a questi uomini, a chi ha lottato e testimoniato,giorno dopo giorno,  ora dopo ora, senza paura ed esitazioni, la forza e il coraggio delle proprie idee.

E l'impegno odierno, secondo il "nostro", deve essere, oggi e sempre, quello di liberarsi ovunque e comunque, in Africa e non solo, sopratutto del mal governo.

Se l'essere poveri, in Africa, può essere una positività in quanto può favorire e favorisce solidarietà ed accoglienza in tutta semplicità nei rapporti umani,specie per chi arriva da un mondo-altro molto più finto , questo non significa  licenza d'inganno da parte dei governanti della propria gente, del popolo.

E questo "non inganno" si chiama rispetto.

Solo con il rispetto dell'altro, infatti, si raggiungerà quell'obiettivo di fraternità universale di cui oggi,in un mondo interdipendente e fortemente interconnesso(e quindi anche più fragile) rispetto all'ieri, è impossibile non tenere conto.

Non appaia utopistico il messaggio di Albert Tévoédjirè, perché sono proprio le grandi utopie, "pole- pole", piano -piano, a consentire ai popoli di fare i grandi balzi in avanti sul cammino della libertà vera  e dell'autosufficienza politica e socio-economica.

L'importante è crederci e non stancarsi di lavorare perchè questa speranza da sogno si trasformi in realtà.

In Brasile, che non è Africa ma dove la componente afro-americana, i discendenti degli schiavi, è altissima e costituisce più della metà della popolazione, diceva Helder Camara,un altro grande  concretissimo sognatore latino-americano che :"Quando uno sogna da solo è un sogno.Quando si sogna insieme, è la realtà che comincia".

Nonostante le prefiche e i profeti di sciagure io dico , a mio avviso, che questa realtà è già cominciata.

Un esempio?

Il piccolo Rwanda di Paul Kagame.

Un Rwanda, che ha vissuto l'ultimo e più cruento genocidio della  storia contemporanea con circa un milione di morti ammazzati, e che oggi , definito dagli osservatori internazionali la "Svizzera d'Africa", rappresenta un esempio d'efficienza per il continente africano.

A dimostrazione ennesima che, quando si vuole e si vuole fare, tutto è possibile.

E che povertà di mezzi non è miseria. Che è tutt'altra cosa.

Proprio come c'insegna Albert Tévoédjirè. 

 

   A cura di  Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

 

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