Photo: courtesy of M2 Pictures
Quando il classico di Jane Austen incontra l’amore e gli zombie, nasce un’opera violenta e sanguinaria come PPZ- Pride and Prejudice and Zombies, in cui l’emblema dei morti viventi sembra trovare un punto in comune con i moti e le rivoluzioni che hanno caratterizzato l’intero Ottocento. L’intento è quello di dare una spiegazione più scientifica alle scomparse e al virus che altera la mente delle persone colpite in un’epoca in cui i dotti e gli esperti in materia studiavano possibili soluzioni per arginare ogni fonte di male e di epidemie.
Gli zombie, figure iconiche entrate da tempo nell’immaginario collettivo e al centro di veri e propri filoni cinematografici, tornano a manifestare la loro presenza come puri e semplici antagonisti, inseriti sullo sfondo del romanzo originale della scrittrice inglese Orgoglio e Pregiudizio. Il lungometraggio, ispirato al libro ucronico di Seth Grahame-Smith, segue da vicino la storia di Elizabeth Bennet, una giovane intelligente e seconda di cinque figlie, che resiste alle lusinghe di vari corteggiatori e alle continue pressioni da parte dei familiari per cercarsi un marito. Come per incanto, un giorno piomba nella sua vita Mr. Darcy, un ambizioso e introverso gentiluomo, per cui la ragazza prova una strana e morbosa attrazione e allo stesso tempo disprezzo. Con l’improvvisa invasione di un’esercito di zombie aguzzini che minaccia Londra e dintorni, il ricco rampollo di Pemberley mostra poco a poco le fragilità e le continue sofferenze che ha dovuto subire in età giovanile in seguito alla perdita dei propri cari a causa del tradimento di un amico; solo allora è pronto a rivelare il suo amore per la bella Elizabeth.
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Diretto dal regista Burr Steers (17 again- Ritorno al liceo, Segui il tuo cuore) e interpretato da Lily James (Cenerentola) e Sam Riley (Maleficient), la pellicola è una commistione di generi calata all’interno di una storia nella quale emergono lampi di fugace ironia e momenti tiepidamente drammatici, in una cornice intrisa di atmosfere cupe e tenebrose che potevano essere meglio ricreate attraverso i mezzi tecnici a disposizione (effetti speciali, fotografia).
Per quanto possa risultare innovativa, la modalità con cui le persone si tramutano in zombie richiama numerose film che hanno trattato in precedenza il tema della metamorfosi umana dopo il trapasso: il processo avviene molto lentamente lasciando così il modo alle vittime di essere ancora in grado di comunicare e di esternare la propria agonia, proprio come fu per il Contagious di Henry Hobson con Arnold Schwarzenegger e Abigail Breslin.
Di grande effetto è la scena in cui Elizabeth assiste ad un macabro rituale di un gruppo di non morti che sta celebrando una messa pagana in una chiesa sconsacrata, nutrendosi di cervella di maiale per rallentare ulteriormente la trasformazione. Lontane le visioni e gli approcci stilistici ammirati ne L’alba dei morti viventi di Zack Snyder o nella “Quadrilogia Romeriana” poiché l’elaborazione del concetto di zombie approda ad altre astrazioni durante lo sviluppo degli eventi.
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Il cast, formato da attori acclamati dalle giovani generazioni, riesce ad esprimersi con disinvoltura vestendo i magnifici abiti d’epoca, grazie anche al tocco del regista che dimostra di essere maggiormente a proprio agio nel riprendere, in maniera elegante e delicata, le scene romantiche e sentimentali piuttosto che le sequenze puramente action, carenti di quel ritmo necessario a rendere la messa in scena particolarmente avvincente.
Come spesso accade nelle produzioni di genere, che tentano di proporsi come nuovi baluardi del cinema attraverso piccole invenzioni o espedienti inediti, anche in PPZ le basi per creare un accattivante prodotto d’intrattenimento di stampo orrorifico c’erano tutte, ma concretizzate alla fine in modo troppo convenzionale e retorico.
Alberto Vella & Andrea Rurali
Articolo pubblicato anche su CineAvatar.it