http://www.lanostratv.it/cronaca-attualita/prandelli-un-calcio-allomofobia-basta-coi-tabu-nello-sport/
“Dai primi calci al pallone in parrocchia a oggi, non riesco a quantificare le persone che ho incontrato, e mai mi sono posto il problema di come venisse vissuta la loro sessualità. Sono sicuro che in molti la pensano come me; ciò nonostante, nel mondo dello sport ancora resiste il tabù nei confronti dell’omosessualità. (…) L’omofobia è razzismo, è indispensabile fare un passo ulteriore per tutelare tutti gli aspetti dell’autodeterminazione degli individui, sportivi compresi. (…) Nel mondo del calcio e dello sport resiste ancora il tabù nei confronti dell’omosessualità, mentre ognuno deve vivere liberamente sé stesso, i propri desideri e i propri sentimenti. Dobbiamo tutti impegnarci per una cultura dello sport che rispetti l’individuo in ogni manifestazione della sua verità e della sua libertà. (…) Magari presto qualche calciatore farà coming out“.
Queste parole fanno parte di una prefazione, a cura di Cesare Prandelli, attuale commissario tecnico della nazionale italiana di calcio, e accompagnano il libro Il campione innamorato – Giochi proibiti dello sport, scritto a due mani da Alessandro Cecchi Paone e Flavio Pagano. Parole importanti, parole nuove che vengono dal primo allenatore italiano e spazzano via d’incanto l’ipocrisia espressa più volte da rappresentanti del mondo del calcio nei confronti dell’omosessualità. L’ipocrisia è quella di chi sa perfettamente che i gay esistono e sono anche calciatori, però fa finta o nega l’evidenza pur di conservare la propria visione pavida e conservatrice. Lasciamo perdere gli omofobi nudi e crudi, come certi personaggi che ostentano disprezzo e preferiscono passare per stupidi (e non sono pochi!), il problema riguarda un mondo come quello del calcio dove si continua a parlare dell’intimità delle persone, negli spogliatoi, nelle camere dei ritiri, e si confonde ciò che è importante con ciò che è impressionante. C’è chi crede che per opportunità è sempre meglio tacere e vivere, male, la propria preferenza sessuale, piuttosto che essere onesti intellettualmente e affermare ciò che si è. L’imbarazzo tante volte citato penso sia più di chi non sa come comportarsi di fronte al coming out e preferisce il silenzio, quello che gli anglosassoni riassumono con la frase don’t ask, don’t tell. Per non parlare di una cattiva educazione che incoraggia l’idea di un pericolo imminente quando si presenta una persona omosessuale (se il compagno di squadra è gay e fa la doccia insieme a te…). Purtroppo, dietro certe affermazioni di presunto rispetto per chi ha un orientamento sessuale diverso c’è ancora e sempre la stessa identica paura, condita con l’inadeguatezza, l’ignoranza e l’incomprensione. Si dà per scontato che il mondo sia tutto eterosessuale, salvo poi scoprire che non è così, né può esserlo. Viene chiesto ancora uno sforzo, un supplemento di “tolleranza” a chi da secoli riceve puntualmente rifiuti, veti, discriminazioni, persecuzioni, condanne. Credo sia giunto il tempo che lo sforzo venga compiuto da chi finora, molto pigramente, se n’è stato in panciolle decretando la scarsa o nulla rilevanza di questo fenomeno. Per questo le parole intelligenti di Cesare Prandelli vanno salutate come una boccata d’aria fresca, come una svolta epocale nel mondo del calcio. Mi auguro che l’occasione sia propizia per cominciare sul serio un’opera di ristrutturazione culturale (sarebbe l’ora, visto che gli italiani sui temi dei diritti civili sono considerati i trogloditi d’Europa).
© Marco Vignolo Gargini