Pranzo da incubo al ristorante giapponese

Creato il 18 settembre 2012 da Sommobuta @sommobuta
Quella che vi apprestate a leggere è una storia vera.
Per tutelare la privacy dei protagonisti abbiamo deciso di riportare solo le iniziali dei due nomi, naturalmente fittizi. Inoltre, data la presenza di alcune scene che potrebbero turbare l'animo e le coscienze, è consigliabile la lettura ad un solo pubblico adulto e consapevole.
Questa la cronaca dei fatti.
Intorno alle ore 13, due giovani affamati, A. e D., pensano di rifocillarsi nei pressi di un famoso ristorante giapponese situato al centro di Napoli. Memore di una pregressa esperienza in quello stesso ristorante, A. dice a D. che le porzioni servite in genere sono piccole, quindi è meglio abbondare. Soprattutto perché il ristorante propone la formula “All you can eat” a 14 euro e 90– escluse bevande.
D. si dice d’accordo, così procedono alle ordinazioni.
Dopo aver mangiato un paio di omelette e un bel piatto di ravioli al vapore, i due si rendono conto di aver un tantino esagerato quando i camerieri cominciano a portare millemila piatti di riso.
Enormi.

A. e D. (soprattutto A., che aveva detto che i piatti erano piccoli) comprendono di aver effettuato un leggerissimo errore di valutazione, e subissati da tutto quel popò di riso sentono lo stomaco chiudersi del tutto. Il guaio è che è vero che la formula del ristorante prevede l’All you can eat, ma per ogni piatto lasciato il surplus è di 3 euro.
A. e D. si sentono letteralmente subissati: hanno gli occhi dei camerieri addosso, nonché quelli degli altri clienti, che guardano allibiti il continuo via-vai dalle cucine al loro tavolo, il 3. I piatti di riso aumentano in maniera vertiginosa: alla fine, sulla tavola, A. e D. ne contano ben 16, tutti praticamente uguali eccetto qualche guarnizione di sorta.
C’è solo una cosa da fare per non pagare una cifra astronomica: far finta di mangiare e poi nascondere il cibo quando i camerieri non guardano. Fortunatamente, nello zaino di A. c’è una busta, che i due decidono di utilizzare per occultare i circa 560 kg di riso presenti sul tavolo.
Dopo una mezz’ora i due sembrano avercela fatta: quasi tutto il riso è stato riversato nella busta, sapientemente nascosta all’interno della borsa di D.
Il problema è che A. e D. non hanno tenuto conto del fatto che i camerieri e il cuoco del ristorante giapponese stanno per sfoderare l’arma definitiva: un poker di riso al curry che infiacchisce qualsiasi speranza di vittoria.

A. e D. capiscono che per loro è finita.
Protestano, inveiscono, sono convinti che quel riso al curry loro non l’hanno mai ordinato; ma la cameriera, con un sorrisetto malizioso, mostra loro l’ordinazione. A quanto pare il riso al curry c’è, anche se il “4” sulla ricevuta non sembra proprio scritto da A.
Inermi, sconfitti e debilitati sia nel fisico, che nella mente, che nello spirito, A. e D. provano a ingurgitare le ultime ordinazioni (tofu, pollo fritto, pastella di gamberi). Ma eliminare le tracce di quei quattro “strani” piatti di riso al curry è impossibile, dato che non sembrerebbe normale veder sparire di punto in bianco tutta quella roba.
Di comune accordo, A. e D. decidono che purtroppo quei 4 piatti li dovranno pagare.
Escono dal ristorante shockati, sebbene i loro spiriti, ora che sono fuori da quell’incubo atroce, siano decisamente più leggeri.
Soprattutto nel portafogli.

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