Anni fa, sentii un commento riguardo ai personaggi dell’immaginario di questi anni, che, a detta della persona che fece il commento stesso, sono spesso ritratti come perdenti e sfigati. Riteneva che fosse ormai uno stereotipo. Ma, parer mio, è normale che siano così.
Insomma, esiste il classico esempio disneyano, in cui si chiede alla gente se amino di più Topolino o Paperino. La risposta credo la sappiate tutti, no? La maggior parte della gente ama Paperino, anche se un po’ invidia Topolino.
Paperino è come noi, pieno di difetti e non di certo baciato dalla fortuna. Topolino, invece, è perfettino, benestante, fa pure il detective a tempo perso. Più facile, perciò, che la gente si identifichi nello sfortunato papero, piuttosto che nel pedante topo.
Quindi, perché mai dovrei scrivere di un personaggio che non rispecchia né me, né la gente comune? Ciò nonostante abbiano cercato di mandare un messaggio contrario, negli anni.
Altro da dire?
Se ci avete fatto caso, per decenni, forse secoli, è stato tramandato il modello di stalliere che poi si scopriva essere figlio di un re. Pensateci, è così. Pure lo stesso Gesù veniva fatto risalire alla stirpe di Re Davide, come se fosse sconveniente che il figlio di un falegname potesse essere il figlio di Dio, il Messia o il profeta rivoluzionario della nuova era.
Ed è per questo che io continuerò a scrivere volentieri di perdenti, pezzenti, sfortunati ed emarginati, perché non voglio trasmettere il messaggio che solo se hai il sangue blu la tua vita può migliorare (o peggiorare, a seconda dei casi e della storia). Preferirò sempre Paperino a Topolino, e gli sviluppi saranno sicuramente più interessanti.