Wahahahahahaha! Mi sto scompisciando da sola! Che madre simpatica ed esilarante che sono! Certo, mia figlia è una bambina molto fortunata.
Pensa che palle se si ritrovava con una tipo la madre di Clarissa... o la madre di Anna Giulia...
Suster, ma di che minchia stai parlando?
E va bè, visto che insistete vi farò il resoconto dettagliato di questa prima settimana di inserimento al nido.
Contenti? Ok, fate sempre in tempo a chiudere la finestra: basta cliccare sulla X in alto accanto alla scheda "Blogger: Pisa&Love...". Però magari fate finta di aver letto tutto, mettete un commento tipo "Brava Suster" "Evviva la pupa!" ed io capirò. E non vi biasimerò! Promesso.
Per le altre (o altri, ma è poco probabile) coraggiose, ecco a voi:
Le sempre più tragicomiche avventure di Suster (e pupa) al nido!
Ecco, è andata così:
Lunedì.
Perplessità. Non appena varchiamo la soglia del luogo in questione, la maestra addetta alla pupa, che poi è anche la direttrice, come avevo intuito dal piglio organizzativo che la contraddistingue nel mucchio (Suster ha già individuato alcuni tipi riconoscibili: "la sciantosa", "la sciattona", "la sorriso-smagliante", "la zuccherosa", "la sbrigativa". Lista in progress), costei dicevo, si appropria immediatamente della pupa in questione, e mette in atto l'ormai arcinota tecnica del bombardamento di informazioni. La pupa viene subissata di "Guarda questo!", di "Andiamo a vedere" e di "Che bello!".
Tanta fatica per insegnare a tua figlia la meravigliosa arte della concentrazione ed ecco qui: ora mi toccherà portarmi via una pupa iperstimolata.
La mamma viene instradata in una stanzina apposita per mamme in via di inserimento pupi, dove si intratterrà per un tempo difficilmente stimabile sfogliando alternativamente un libro di Pennac trovato in una piccola libreria accanto a un piccolo divano, evidentemente destinati alle mamme in visita, e una serie di libretti cartonati per bimbi di età variabile trovati in una grande libreria evidentemente destinata ai bimbi, di cui si annota titoli e collane per poi eventualmente acquistarne in un secondo tempo.
Sempre perplessa per l'approccio della maestra, che mi è sembrata frettolosa, seccata, distratta attendo e tendo orecchio. Non mi sembra di sentirla piangere, e infatti quando poi arriva non piange. Ma piange dopo, quando viene portata di nuovo via e le vien detto che "mamma aspetta qui, la veniamo a trovare dopo".
Formulo una teoria sulla soggettività degli stimoli uditivi: il pianto dei bambini altrui risulta semplicemente fastidioso, altamente fastidioso, da infanticidio; quello della mia struggente (c'è però da dire che il suo pianto è assai meno sguaiato e più melodioso di quello degli altri bimbi. Lo riconosco per le modulazioni armoniche che dai toni più basse va in crescendo verso le note più acute).
Martedì.
Suster fa un incontro molto istruttivo. Primo esemplare di mamma: la mamma ansiosa.
Mentre la pupa continua le sue visite intermittenti alla stanzina delle mamme, ove presentasi sempre in lacrime lacrimose e pianto accorato, la mamma viene distolta dalla sua lettura di Pennac dall'arrivo di una mamma che definire ansiosa è riduttivo. La mamma, rispondente al nome di Mamma-di-Clarissa, sostiene di conoscerci già perché a quanto pare abbiamo partorito nella stessa corsia di ospedale a distanza di due giorni l'una dall'altra. Io fingo di ricordare, ma tanto ben presto scoprirò che il mio ruolo di interlocutrice con la mamma di Clarissa consisterà più o meno nell'annuire ogni tanto nelle pause del suo interminabile resoconto dei 14 mesi di vita di sua figlia, corredati da grandi patemi d'animo materni e interessanti inserti di gestione domestica. Quando poi Suster si accorgerà che Mamma di Clarissa sta piangendo non saprà se sia il caso di chiederle il perché, preoccupata di quale e quanta possa essere la risposta, ma tanto la domanda verrà considerata da lei come sottointesa e, sponte sua, l'addolorata madre racconterà alla Suster di come, appena giunte al nido, la bambina si sia letteralmente gettata tra le braccia della maestra (povera pargola oppressa dalle cure genitoriali!) senza rivolgere a lei più neanche un briciolo di attenzione, e questo l'ha fatta sentire tutt'a un tratto inutile (buaaaaa!), messa da parte (snif snif) e superflua (sigh sob).
E così, consolata Mamma di Clarissa, ("Ma no, devi essere contenta. Significa che lei è serena e sicura del fatto che tu non l'abbandonerai mai, sei una presenza stabile" e altre frasi standard) la nostra si accingerà a recuperare la pupa, che oggi sembra un pochino più acclimatata, o per lo meno così dice la maestra, che oggi mi appare pure un pochino meno scocciata e frettolosa, tanto da scambiare pure un paio di botta e risposta con la Suster stessa.
Mi viene in mente che non deve essere facile barcamenarsi tra madri ansiose come l'esemplare che ho davanti e i loro figli in lacrime, senza soccombere, e mi concedo una maggior clemenza nei confronti di queste maestre e del loro approccio aggressivo. Prevenire è meglio che curare. NOn lasciar spazio all'insorgere di lacrime è più facile che tamponarle poi, una volta alzata la diga.
Mercoledì.
Incontro con il secondo esemplare di mamma: la mamma moderna, anche detta la mamma "maschia".
Questa mamma, anche nota come Mamma di Anna Giulia, è forse un pochino meno temibile della Mamma di Clarissa. Non ti sfinisce con le sue paturnie, ma ti coinvolge rendenti tuo malgrado complice e alleata nel suo bislacco modo di vivere la maternità.
Questa mamma conosce e utilizza un nutrito campionario di frasi standard da conversazione, che snocciola e illustra come verità rivelate, e pensieri assai originali e innovativi: "Una volta la gente era più povera ma viveva meglio", "Un'estate così calda non si era mai vista", passando per "Con questa crisi non si arriva più a fine mese" e per finire con "Noi donne abbiamo una sensibilità che i maschi non hanno". Probabilmente ci sarà stato anche un "La mamma è sempre la mamma", ma non ne sono sicurissima, poichè anche qui la mia concentrazione funzionava a intermittenza.
Questa mamma ostenta una grande forza di carattere, una certa insofferenza verso il suo ruolo di madre, una impellente volontà di esternare la propria essenza di giovane dentro, frustrata dall'inattesa condizione di maternità (e malgrado i suoi quasi 40 anni dichiarati).
Nella situazione attuale, soddisfazione per essersi finalmente liberata del fardello della maternità full time, anche se sua figlia ha il doppio degli anni della mia e intanto già ne porta in grembo una seconda, gravidanza che afferma di non aver cercato e voluto e di aver accolto con cinque mesi di pianti accorati al pensiero che "ne arrivava un'altra". Costernata da tali e spiazzanti confidenze non credo di aver partecipato alla conversazione con asserzioni più strutturate di "Mh" e "Sìì?".
Malgrado a me non sembra di averla incoraggiata nella convinzione che condividessi la maggior parte delle cose che diceva, dava per scontato che invece fosse così e alla fine ho trovato più comodo non tentare di correggerla o interromperla, nè nella rievocazione delle notti di bisboccia in discoteca, amaramente rimpiante e vagheggiate, nè sul salvifico ruolo delle nonne a cui la bambina viene spesso e vlentieri sbolognata con gran sollievo materno, e nemmeno quando ha preso ad insistere sul tema "ai nostri tempi" che non si è capito bene quali dovessero essere dato che tra me e lei mi sembrava evidente che ci passassero una buona decina d'anni. Del resto mi sembrava anche evidente che non condividessimo, io e questo esemplare di mamma, nè provenienza anagrafica, né formazione, retroterra culturale o storia familiare. Ma va be'.
Fortunatamente oggi mi viene concessa una mezz'ora d'aria, e felice e spensierata, scongiurando di incontrare per strada Mamma di Clarissa, che intanto quel giorno era stata mandata via prima di me, mi chiudo dietro alle spalle i pianti intermittenti della pupa durante le visite alla stanzina delle mamme, i discorsi della mamma moderna e intravedo il mio primo spiraglio di libertà, che utilizzerò oculatamente dividendomi tra un po' di shopping pupesco e una sessione ultrarapida di lettura su una panchina in piazza guardacaso "Martiri della libertà", sessione che mi consente di spantanarmi finalmente dall'empasse di pagina 13 del mio romanzo, sulla quale puntualmente ogni sera cede la mia concentrazione e la mia vigilanza.
Al mio ritorno, recupero una pupa veramente provata, stanca e sconsolata, con due occhi rossi e gonfi di pianto da far recedere dai ogni buoni propositi la madre più determinata di questo mondo.
Giovedì.
Essere arrivate con un piccolo anticipo rispetto ai giorni seguenti ha permesso secondo me alla pupa di prendere confidenza con l'ambiente in mia compagnia , mentre aspettavamo la Tata Lucia (così, guarda caso, si chiama la nostra maestra organizzatrice) che ancora non era giunta. Non saprei dire perchè alle educatrici questa cosa non va: la mamma non può giocare nel nido con la bambina. Riscontro eccessiva rigidità di talune posizioni, asempre per carità a mio umile parere.
Buono anche il fatto di arrivare all'orario di ingresso degli altri bimbi, e non in perfetta clausura e segretissima missione come i giorni precedenti.
La pupa parte in quarta dietro ai bimbi che vanno a giocare in cortile, ma quando si accorge che io non le tengo dietro, ma mi ritiro nello stanzino delle mamme in punizione, fa dietro front esibendo il volto della disperazione e dell'abbandono, modulando un perfetto lamento a salire su note medio alte. Questo è forse il giorno più sofferto per il distacco, lei però sarà serena al ritorno, poi.
Io invece mi sono sparata una sessione di mamme di Clarissa e Anna Giulia riunite in consiglio a discutere su parto e affini e a sparare a zero su questo o quel medico, mentre io risulto assai poco preparata sui nomi dei dottori che hanno seguito il mio, di parto, e persino sguarnita di ostetrica personale, oso affermare che tanto un medico vale l'altro e che non mi sono trovata male con i dottori dell'ospedale, pur non essendomi trascinata dietro la ginecologa privata. Ragion per cui vengo ritenuta per oggi un'interlocutrice poco valida e non più interpellata.
Con mia grande soddisfazione finiscono a parlare tra loro (non credo che una ascolti l'altra, perchè non riesco a immaginare una conversazione sensata tra questi due esemplari) e mi dedico alla lettura di un libro intitolato "Le domande dei vostri bambini" o qualcosa del genere, mediamente interessante, ma facilmente scorribile se si salta la maggior parte del testo (Pennac il giorno prima mi ha autorizzato a farlo) e si leggono solo le frasi evidenziate in neretto, perchè in fondo, su un argomento così c'era proprio bisogno di scrivere un libro?
Oggi ho diritto a un'intera ora d'aria, che mi brucio a parlare al telefono con un'amica che è mamma pure lei e che aveva voglia di chiaccherare di pupi stamani. Ecco come mi ingoia a poco a poco questo universo di madri loquaci. Fortuna che almeno sono sicura di non incontrare in giro la Mamma di Clarissa, la quale mi ha confidato che lei il tempo di attesa per andare a riprendere la pupa lo impiega a fare una preghierina presso la Madonna di Pompei, che è quella dove lei è stata battezzata e bla bla bla. Non c'è pericolo dunque di incrociarci.
La mia pupa ha giocato in cortile coi bimbi che l'hanno spinta giù per la discesa su una macchinina. Si è ribaltata e invece di piangere ha riso come una pazza. Questo me l'ha raccontato la maestra. Lei mi ha raccontato qualcosa, ma con molti meno particolari. Mi ha detto "bebé" e poi "brrrr" e anche "Mmmmmm", ma non sono riuscita a capire dov'è che deve aver visto una mucca...
Venerdì.
La pupa a stare in mezzo ai bimbi moccicosi si è beccata di nuovo il raffreddore e stanotte si è svegliata ottocento volte rantolante e piangente, facendomi passare una notte horribilis. Telefono al nido per dire che non la porterò e la maestra sembra ben contenta e mi dice ci vediamo lunedì.
La pupa.
La prima settimana di inserimento si è dunque conclusa.
Pupa molto stanca, sfinita, ha dormito a oltranza per i due giorni successivi, raffreddore permettendo e in fin dei conti non mi pare che abbia preso male la nuova esperienza.
Sì va be', i pianti sono dovuti al fatto che la mamma non è lì con lei, e credo che sia difficile per lei spiegarsi il perché di questa immotivabile assenza, ma in sé andare al nido le piace.
Quando la mattina ci prepariamo e le dico che andiamo dai bimbi, scalpita ed esclama entusiasta: "Bebé!". Poi montiamo in bicicletta, pedaliamo adagio fino alla scuola, lei annota strada facendo sempre gli stessi riferimenti, l'albero, il giardino, l'arco... Abbiamo tutto un rituale, ancora, di canzoni: ci fermiamo e lasciamo la bici appoggiata al muro, accanto c'è la finestra di uno scantinato. Quella è "la cantina di un palazzone dove i gattini senza padrone organizzano una riunione...".
Noto in lei dei piccoli cambiamenti di comportamento, credo in parte dovuti alla nuova esperienza.
Malgrado sporadici attacchi di ansia da abbandono, anche in mezzo al giardino pubblico, quando all'improvviso arresta la sua corsa per chissà dove e si volta allarmata invocando il nome di colei che l'ha messa al mondo, mi sembra anche molto serena, e un po' più a suo agio in mezzo alla mischia di bambini. Il sonno, quello sì, è un problema, perchè il fatto di saltare il suo sonnellino mattutino la prova molto, e non l'aiuta certo a ben disporsi nei confronti del nuovo.
Mi intenerisce poi la gioia e l'entusiasmo con cui ritrova e saluta, al nostro ritorno a casa, gli oggetti noti e i giochi di tutti i giorni; persino i due gatti scocciatori ricevono grandi festeggiamenti a suon di "Ga" e "Nain!"
Il nido?
Vediamo un po', ecco cosa ho annotato in proposito:
La maestra: malgrado le attenuanti del caso la Tata Lucia continua a non convincermi troppo. Nel poco temp in cui l'ho vista in azione con la pupa ho notato che non parla realmente con lei. Monologa meglio, senza attendersi una risposta, e passa troppo rapidamente ad altro. Ho notato che non si accorge spesso e volentieri che lei sta, a suo modo, rispondendo a una sua domanda, o che richiama la sua attenzione su qualcosa (un gattino disegnato sul libro che la maestra le ha appena mostrato? "Nain! Nain!") e che a volte fraintende pure le intenzioni di lei (le dice "Ma" mostrando orgogliosa la sua mano, e quella risponde, catastroficamente "Sì, mamma è qui, ora noi la salutiamo e andiamo di là") Insomma: ma li ascolti i bimbi? Li osservi? O sono io madre a esagerare su questo punto?
La stanzina. Sarà per la compagnia non proprio entusiasmante, sarà perchè mi sembrava savvero di essere messa in punizione, io questa stanzina l'ho odiata, e la sto odiando.
Ma qual'è la sua funzione? Pedagogica? Pratica? Le maestre sostengono che questa stanza ha la funzione di un filtro col mondo esterno: un limite che al bambino è permesso valicare ma alla madre no, quello del nido, lo spazio dei bimbi. Rassicurante pensare che la mamma comunque rimane lì, non se ne va, ma se vogliono giocare con gli altri bimbi devono lasciarla lì e entrare soli. Può darsi, ma questo non riduce i pianti e le scene patetiche in cui la maestra è costretta a trascinare via un pupo recalcitrante e disperato. Ma va be'. La stanza è anche provvista di una gran quantità di giochi, finanche di una gran vasca con la sabbia, palette e formine, che però vengono utilizzate pochissimo, o quasi per niente, e solo allo scopo di distrarre momentaneamente i bimbi dalla presenza materna, prima di trascinarli via nel modo suddetto. La pupa ha subito assammarato tutto il pavimento e il gioco con la sabbia è stato repentinamente interrotto dalla Tata Lucia con grande disappunto di lei (e mio).
Le mamme. Oh santo cielo, direbbe mia madre. Non fatemi commentare. Quale mente perversa potrebbe concepire due personalità altrettanto disturbate di questi due esemplari da me coscienziosamente osservati e studiati per pura passione antropologica? ecco uno di quei curiosi casi in cui la realtà supera di gran lunga la finzione narrativa.
I bimbi. Con mio grande sollievo constato che a questa età nessun bambino ha ancora avuto il tempo di essere "guastato" da una prolungata e continuativa convivenza con il più squilibrato degli adulti, o almeno, ancora non ne dà mostra. Infatti i bimbi sono deliziosi. Non penso si possa parlare, a questo punto dello sviluppo della loro piccola personalità, di bimbi particolarmente prepotenti, prevaricanti, o smorfiosi. Non lo so, ma non mi è parso.
Il cortile. Devo assolutamente trovare il modo di rimediare allo stato di elevato decadimento dei murales di polli dipinti sul muro di cinta. Non si può vedere in quello stato! (possibile che nessuno ne venga esteticamente urtato?)
Gli armadietti. Posso con piacere constatare che il nome sulla targhetta dell'armadietto è stato scritto correttamente, anche se non ho capito che fine hanno fatto i cambi della pupa che avevo lasciato lì. La sacca per fortuna non è esposta alla vista dei visitatori, ma trovasi appesa nella sala interna, alla mercè del solo ludibrio privato delle nove maestre. Meno male.
Rituali. Mi piace l'importanza che qui si attribuisce ai rituali dei bimbi: il cambio delle scarpine all'ingresso, la distribuzione della frutta prima dell'attività... I rituali sono rassicuranti e aiutano i bimbi a riconoscere una routine che fanno propria, perché sanno già come comportarsi e cosa avverrà dopo. Peccato solo che i bimbi nuovi non vi vengano ammessi subito, decisione di cui mi sfugge in verità la motivazione, perché, sempre a mio umile, ignorante e profano parere, mi sembra un modo invece molto familiare di introdurli nel mondo e nelle abitudini degli altri bimbi. Perché escluderli? Perché impedirgli di riconoscersi in gesti usuali e allo stesso tempo aggreganti, che li farebbero sentire e vedersi parte di una comunità?
Nel complesso credo di aver come al solito idealizzato un po' troppo il senso di questa parola "inserimento", attribuendole forse più struttura e poteri di quanto in effetti non abbia. Chissà cosa mi credevo.
Niente di più di un banale procedimento meccanico:
"Inserire pupa prego. Operazione terminata: prego, estrarre pupa. Arrivederci e grazie."