di Pierluigi Montalbano
Verso il 1500 a.C., cominciò la produzione di leghe a differente tenore di stagno, adatte in maniera specifica alla fabbricazione di armi.
L'introduzione dei metalli per gli utensili delle armi ha segnato l'alba di una nuova era, non tanto per dare un taglio affilato, poiché la selce può essere utilizzata in maniera analoga, ma per la durata e per la varietà della forma ottenibile. Inoltre un utensile di metallo, anche dopo rotto, poteva essere sagomato.
Il rame puro non è facilmente fusibile in una forma chiusa, data la sua tendenza ad assorbire i gas con conseguenti soffiature che generano dei difetti nei getti di fusione. Tenendo conto delle difficoltà della tecnica, non sorprende che i getti di fusione preistorici di forma complessa, fatti con rame non in lega, siano assai rari. Salvo per i piccoli oggetti primitivi quali lesine e spilli, i primi utensili che richiesero un volume considerevole di rame non in lega furono le asce. Le prime daghe di metallo sono piatte e triangolari, in seguito ci fu l'introduzione di una nervatura centrale per aumentare la rigidità laterale e ottenere una lama più sottile. La punta di freccia fu anche riprodotta in metallo, ma gli esemplari sono rari poiché era prezioso per oggetti che sovente andavano perduti.
La scoperta della lavorazione del bronzo-stagno è seconda per importanza solo a quella della fusione del rame. Quando la metallurgia del bronzo si fu ben consolidata, e il fonditore riuscì a controllare le sue miscele, si mirò a una lega con il 10% di stagno per ottenere i migliori risultati complessivi. Tale lega può essere incrudita, mediante lavorazione, analogamente al rame, ma a parità di condizioni è più dura di quest'ultimo, avendo una resistenza alla rottura quasi doppia del rame. Un altro elemento assai importante di superiorità è dato dalla sua spiccata capacità di fusione: senza il bronzo, la complessa fusione in forme chiuse non sarebbe diventata un'industria importante. Esistevano tre metodi di fusione: a forma aperta, a forma chiusa e a cera persa.
Un ulteriore perfezionamento per oggetti di fusione muniti di attacchi fu l’uso di un'anima. Questa era di solito costituita da argilla cotta ed era sistemata entro la forma in modo da rappresentare l'attacco cavo. I crogiuoli erano necessari per fondere il bronzo destinato alla colata dei getti. I primi crogiuoli erano dei piccoli piatti poco profondi di terraglia rozza. Successivamente la grandezza aumentò e fece la sua prima comparsa la forma cilindrica profonda, che espone meno metallo alla influenza dell’atmosfera.
Le forme di molti dei nostri attuali utensili artigiani possono risalire all’età del Bronzo. Il martello è il più antico degli utensili. L'incudine è necessaria in ogni fucina. La facilità con cui il bronzo può essere fuso permise una vasta gamma nella forma di scuri.
La spada fu derivata dalla daga all'inizio dell’età del Bronzo. La forma più frequente è quella triangolare, con l’elsa fissata mediante chiodi ribattuti. Con l'avvento del bronzo la lama diventò più lunga e l’elsa più stretta.
Le punta di lancia nella loro prima forma di rame avevano un collo, ma con l'avvento del bronzo e la scoperta della fusione con anime si arrivò al tipo con attacco a manicotto: si faceva passare un chiodo ribattuto attraverso il codolo e l'asta, per evitare che la punta si sfilasse. Le punte di freccia per tutta l’età del Bronzo erano generalmente di selce o di osso.
L'artigiano dell’età Neolitica, che conduceva vita sedentaria, aveva avuto tempo e modo di scoprire che quella sostanza luccicante e gialla, l’oro, che si trovava nel letto di alcuni fiumi, poteva essere battuta e trasformata in spille, ganci o lamine sottili. Come ho già detto, l'artigiano aveva anche scoperto che con la martellatura poteva rendere più rigida e dura quella pietra simile all'oro, ossia il rame. Se cercava di modellare una coppa da una piastra già parecchio battuta, si accorgeva che era diventata troppo dura per poter essere lavorata ulteriormente. Forse ripiegò un poco i bordi per ricavare un recipiente, entro cui far bollire l'acqua, e questo recipiente si dimostrò particolarmente utile poiché non si rompeva come i vasi di argilla. Verosimilmente una volta lasciò il recipiente sul fuoco finché si asciugò e divenne rovente; allora lo rigirò con i bastoncini prensili e si accorse stupito che era molle e duttile: alla coppa si poteva imprimere un'altra forma. Ma se il metallo era nuovamente battuto ridiventava duro, così l'artigiano capì che per continuare a lavorarlo doveva ammorbidirlo sul fuoco. In questo modo fu scoperta la ricottura.
Il rame e altri metalli, induriti e deformati in conseguenza della battitura o della forgiatura, possono essere resi duttili con l'azione del calore. Un'altra fase fu raggiunta quando un artigiano, avendo posto un pezzo di oro sul fuoco per ricuocerlo, lo vide fondere improvvisamente e colare giù tra le ceneri. I pezzi preziosi furono recuperati, ma l’artigiano decise di ovviare a un simile inconveniente mettendo la pepita in lavorazione dentro una pentola. Questa volta, avendo alzato il fuoco, si stupì nel trovare la lamina che fondeva in una nocella di oro liquido. Aveva fuso l’oro anziché ricuocerlo. Cominciando a forgiare di nuovo la sua lamina, fece attenzione a non surriscaldarla quando diveniva troppo dura. Familiarizzatosi con il metallo fuso, riuscì a costruire gli stampi in cui il metallo poteva venire formato nel modo più idoneo.
La fusione comporta la colata del metallo liquido in una forma, dove si raffredda e solidifica. In molte parti del mondo antico le prime scuri e altri oggetti di metallo furono fusi in forme aperte di pietra o di argilla cotta. Più tardi entrarono in uso delle forme in due parti: in pietra, terracotta e bronzo. I fonditori erano maestri dell'arte e sapevano disegnare ed eseguire lavori che non avrebbero sfigurato al cospetto di qualsiasi altra opera artistica.
L'artigiano antico riscontrò che la fusione della figura di un Dio o di una punta di lancia comportava il consumo di molto metallo prezioso, ed era ovvio che si potesse ottenere un'economia facendo i pezzi cavi. Per questo si doveva trovare il mezzo per fissare una massa di materiale compatta all'interno della forma, così da occupare tutto lo spazio salvo il vuoto destinato a essere riempito con il metallo. La costruzione di quest'anima presentava delle difficoltà: doveva essere tenuta ferma, perché se avesse toccato la superficie interna della forma, la fusione avrebbe presentato un foro non desiderato. Talvolta era facile tenere l'anima a posto: era sufficiente piantare dei chiodi di bronzo nella superficie dell'anima. A poco a poco i fonditori acquistarono l'abilità di fare le anime in maniera così precisa che lo spazio lasciato per il metallo era di spessore uniforme.
Un'altra difficoltà per il fonditore era costituita dal calore del metallo fuso quando era colato nella forma: faceva dilatare i gas in essa contenuti, quindi per consentirne lo sfogo occorreva costruire la forma con materiale poroso.
La formatura in argilla costituì il procedimento più comune per la fusione nell'antichità. Il procedimento della cera persa era un metodo per fondere il metallo mediante una forma esterna in un pezzo solo, da cui la cera del modello può essere rimossa soltanto con la fusione: se la forma è apribile per la rimozione della cera, non è considerata a cera persa. Un oggetto di piccole dimensioni può essere pieno, ma per una fusione cava occorre un'anima o uno stampo per la superficie interna del metallo. Si può costruire in cera su un'anima già preparata. In mancanza di questo si prepara una forma a pezzi completa, di gesso o di qualche altro materiale duttile come la gelatina, in cui si spalma o si versa uno strato di cera dello spessore di cui si vuole il metallo. Dentro lo strato di cera si forma un'anima di argilla e polvere di mattoni e si fornisce di sfiatatoi. Si rimuove la forma provvisoria e quindi, con bastoncini di cera, si costruisce una serie di colatoi, per il flusso del metallo, e di sfiatatoi, per lo sfogo dell'aria. Devono essere tutti inclinati dalla stessa parte, per consentire alla cera di colare fuori dalla forma al momento della fusione. Una volta completata la sistemazione della cera vi si spalma sopra un sottile strato di argilla fine; quindi si aggiungono ulteriori strati, frammisti a polvere di mattone, finché la forma abbia raggiunto uno spessore sufficiente. Così tutta la forma esterna viene costruita in un pezzo solo e collocata nel forno in posizione tale che tutta la cera possa uscirne quando viene riscaldata. La forma viene quindi cotta ed è pronta per la colata del metallo. Terminata la fusione, si rompe la forma, si asportano i colatoi e i montanti di sfiato e si levigano le superfici ruvide.
Le immagini sono del Museo Archeologico di Cagliari.