Nel report relativo al 2012, fa scalpore notare come più dei due terzi degli introiti di cui i 20 club di Premier beneficiano vengano spesi per gli stipendi dei calciatori. Poco più di 2 miliardi di sterline è il fatturato totale che il massimo campionato inglese ha messo in saccoccia nella scorsa stagione; di questi, 1,6 miliardi di sterline viene impiegato nella copertura dei salari dei protagonisti che si danno battaglia sul rettangolo verde. A questa cifra enorme andrebbero poi aggiunti i 77 milioni di sterline pagati agli agenti e ai vari intermediari che operano soprattutto nelle finestre di mercato, un’altra bella fetta di spesa per i club.
Spendere 1,6miliardi di sterline per gli stipendi, tuttavia, non è obbligatoriamente uno scandalo, anche perché, al contrario del campionato italiano, di buone notizie nel Regno Unito ve ne sono.
Del nuovo accordo per i diritti TV ne abbiamo già parlato, della riduzione delle perdite lo facciamo subito. Il deficit di 484 milioni di sterline del 2009-2010 è sceso a 361 milioni la stagione successiva, mentre nell’ultimo rendiconto spicca la cifra di 205 mln. Un ottimo risultato, conseguito soprattutto grazie al lento chiudere dei rubinetti da parte del Manchester City, la cui proprietà aveva invece speso a cascata durante i primi tempi seguenti al proprio insediamento. Da monitorare, invece, la situazione del Manchester United: la proprietà americana sta convivendo con un debito di 420milioni di sterline, sul quale vanno aggiunti i 50milioni di interesse pagati per continuare a essere una potenza calcistica, in Inghilterra come in Europa, e paradossalmente anche economica visto che la rivista Forbes la inserisce costantemente fra i club di maggior valore in assoluto.
E con lo United iniziamo il giro di riflessioni e interrompiamo gli elogi, dovuti per lo più all’infausto paragone che inevitabilmente viene da fare con l’italico pallone.
Sicuramente è grave il fatto che i prossimi e attuali campioni d’Inghilterra siano, di fatto, il club fra i più indebitati della Premier. E’ invece curioso cercare di comprendere come si comporteranno in futuro lo sceicco Mansour e Roman Abramovich se l’Uefa (con tutte le perplessità del caso) dovesse realmente interrompere le loro iniezioni di contanti affinchè City e Chelsea restino coi conti “a posto”: il russo, per esempio, paga 173 milioni di sterline per gli stipendi dei suoi tesserati, 30 in meno di quelli spesi da Mansour, nei quali brilla il contratto da 198mila sterline a settimana per Carlos Tevez. La vergogna che emerge da questo report è però la differenze fra i calciatori e i dipendenti “normali” dei club, quali per esempio magazzinieri, addetti alla ristorazione, operai dei sub-appalti: nel 2008 una statistica ha evidenziato come il salario medio di questi comuni lavoratori si aggiri attorno alle 5,52 sterline all’ora; una schiavitù condannata dallo stesso sindaco di Londra, Boris Johnson, il quale esortò i club della Capitale ad aumentare tale cifra.
Cifra che aumenta evidentemente per i calciatori e continuerà a farlo visto che la proiezione degli introiti derivanti dal nuovo accordo sui diritti TV parla di quasi 5 miliardi di sterline. La Football Association e la stessa Premier League, che avevano già sentito squillare il campanello d’allarme ancor prima che l’accordo venisse formalizzato, sono subito corse ai ripari con delle norme da Fair Play Finanziario “made in UK” atte a porre dei paletti sull’istintivo scialacquamento dei club una volta incassate certe somme: le perdite annue saranno consentite per un massimo di 35milioni di sterline nel caso a capo del club vi sia il cosiddetto magnate, mentre solo 5 milioni se alla proprietà ci fosse una cordata di piccoli imprenditori o un’azionariato popolare. Inoltre, dei 20 milioni di sterline d’aumento che si prevede ogni club incasserà dalle tivù, solo 4 potranno essere investiti nell’aumento degli stipendi dei tesserati, 8 nel 2014-15 e 12 nel 2015-16. Provvedimenti senza dubbio necessari, che danno il senso di come le istituzioni abbiano già il polso della situazione, o comunque si stiano mobilitando per averlo il prima possibile.
Resta da vedere, come afferma il The Guardian, come i club investiranno i soldi rimanenti al netto di quelli spesi per i giocatori. La Fondazione della Premier, che destina i propri incassi al calcio di base, ha ricevuto solamente 12 milioni di sterline, ossia lo 0,5% del fatturato di ogni club: eppure le società del massimo campionato avrebbero dovuto devolverne il 5%, non dieci volte meno.
Qualcosa da rivedere, insomma, c’è anche in Premier League.