Premio Strega 2013: intervista a Simona Sparaco

Creato il 28 giugno 2013 da Sulromanzo
Autore: Morgan PalmasVen, 28/06/2013 - 09:30

In Nessuno sa di noi, pubblicato da Giunti, s’intrecciano due temi: l’attesa e il dolore. Quanto conta nel confronto con il dolore la delusione delle aspettative?

Il tema centrale del romanzo è la contrapposizione tra ideale e reale. Il doversi misurare quotidianamente con la realtà che disattende le nostre aspettative, con la consapevolezza dei nostri stessi limiti, non a caso ho citato il mito della Torre di Babele. Una delusione che non riguarda solo Luce, madre che aspetta un figlio che potrebbe essere inghiottito dal buio, ma anche gli altri personaggi, primo tra tutti la madre di Luce, che ha trascorso una vita intera ad inseguire un ideale, tanto da costruirsi una gabbia e rimanere prigioniera delle sue stesse illusioni.

La maternità genera un isolamento dovuto allo stabilirsi di una comunicazione tutta interiore con il bambino, mentre il dolore rafforza l’isolamento nell’impossibilità della condivisione. Davvero nei momenti di grande dolore è difficile trovare conforto nella parola altrui?

Dovrebbe essere il contrario. In genere il dolore, quando è condiviso, è anche ammaestrato. Del dolore bisognerebbe prendersi cura, e non nasconderlo in un cassetto. Un giorno potrebbe diventare un mostro e assalirci inaspettatamente. La scelta di Luce però è una scelta incompresa, poco dibattuta, ed è facile che si diventi preda della vergogna e del senso di colpa. Da qui la necessità di un isolamento maggiore, di una fuga, della ricerca di un nascondiglio.

Appena informata del problema di Lorenzo la madre ha «la sensazione di essere rimasta sola nella stanza, e nel mondo, come quando da bambina giocavo a nascondino e alla fine di una conta mi mettevo alla caccia dei miei compagni senza riuscire a trovarli». È possibile immaginare che Luce abbia già deciso, forse ancora inconsapevolmente, nel momento stesso dell’annuncio?

Certe scelte si fanno in un istante. Io penso che Luce scelga in quel momento, sì. Almeno il suo inconscio. Poi con la testa, con il ragionamento, arriverà più tardi alla stessa conclusione, ma avrà bisogno dei suoi tempi.

«Nessuno avrebbe scommesso su di noi. La giornalista freelance e il figlio di un industriale». Pur senza voler parlare di questioni sociali, la maternità, così tanto desiderata, potrebbe essere considerata una silenziosa rivalsa contro i dubbi di chi conosce Luce?

Il desiderio di un figlio scatta attraverso meccanismi complessi, che possono avere a che fare con questioni sociali, come l’accettazione. Luce ha bisogno di dimostrare a se stessa e agli altri che lei può rendere felice Pietro, che è alla sua altezza. È una donna piena di limiti e insicurezze, ma a suo modo onesta, profondamente innamorata. Nei suoi confronti ho nutrito una profonda empatia. Siamo molto diverse, ma l’ho sentita come una sorella, una madre, una figlia.

Come si è confrontata con le implicazioni etiche contemporanee sull’aborto terapeutico arrivando così a declinare nella prosa scene che potessero in qualche modo esprimere i contrasti dei punti di vista?

Ci ho messo quasi due anni e più di duecento pagine a mettere nero su bianco un tema così complesso e controverso. A tratti avevo la sensazione di camminare sui carboni ardenti, e anche la paura di non riuscire a uscirne. Quello che dovevo fare però era sospendere il giudizio e lasciare che i miei personaggi si muovessero in maniera credibile. Nei loro punti di vista contrastanti, attraverso il loro sguardo, il lettore può conoscere un’esperienza che altrimenti gli verrebbe preclusa.

La sua attività di sceneggiatrice quanto ha inciso nella stesura di Nessuno sa di noi?

Moltissimo. È una forma mentis da cui non posso prescindere. Ma non è necessariamente un male, i miei romanzi sono molto “visivi”, tanto che alle volte il lettore può avere l’impressione di aver visto un film, non di aver letto un libro.

Come si preparerà per la serata finale del Premio Strega?

Cercherò di andare senza aspettative. È il modo migliore per godersi il momento. Devo ricordarmi solo che io ho già vinto, qualunque sia il risultato. Sono riuscita a sostenere un romanzo difficile, sono stata di aiuto a tante coppie, ho raggiunto molti lettori (quasi centomila) e ho portato a casa tanto amore nei confronti di questa storia e dei miei personaggi. Parto per ultima, quindi cercherò solo di fotografare ogni istante, sapendo che sarà un momento irripetibile, che mi ha cambiata profondamente, come donna e come scrittrice.

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