Omicidi e gambizzazioni a Roma: sei arresti grazie a un killer pentito Il tariffario per sparare: 25mila euro per uccidere, 3 o 4mila per ferire
Leggendo sul giornale questo titolo, chissà perchè, mi è istintivamente venuto alla mente l'episodio raccontato da Massimo Gramellini a 'Che tempo che fa'
Questo:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-0c40f5e8-8e31-438b-af61-ecd40bffffa8.html -
Ora vi chiedo, per quel grande Ufficiale al merito della Repubblica,
Gianfranco Dalla Gatta , ex Presidente di non ricordo cosa che riguarda l'istruzione, Presidente dell'Associazione Marinai d'Italia, nonchè figlio di buona donna, non sarebbe lecito, se non proprio una bella gambizzazione, fargli prendere una fifa blu aspettandolo al varco ed esplodendo alcuni colpi di pistola quanto più vicino alle sue gambe? Quando leggo che certe persone sono affette da una cattiveria del genere, perdo ogni senso di pietà e mi dico che è l'ora di prenderci più cura di Abele e lasciare che Caino si arrangi e si prenda le proprie responsabilità.
qUESTE LE VERSINI SCRITTE, PERCHè NON SONO CERTA CHE FUNZIONI IL FILMATO.
L’ascensoreMASSIMO GRAMELLINI
A ottobre ricevetti una mail da Stefano Martoccia, ingegnere torinese di trentatré anni colpito da un tumore alle ossa che gli era costato l’amputazione della gamba destra. Stefano abitava all’ultimo piano di una casa senza ascensore e aveva informato i coinquilini dell’intenzione di installarne uno a sue spese. L’assemblea di condominio - luogo tra i più ottusi ed efferati dell’umanità, al cui confronto il Parlamento è un covo di idealisti - aveva negato l’assenso. La legge consentiva a Stefano di procedere. Ma il dominus dell’assemblea, titolare della maggioranza dei millesimi, aveva opposto ostacoli ed eccezioni, arrivando a insinuare che il giovane volesse costruire l’ascensore con gli incentivi concessi ai disabili per aumentare il valore del suo appartamento e poi rivenderlo. Aveva preteso che Stefano sottoscrivesse un documento in cui si impegnava a rimuovere l’impianto, in caso di cessione della casa, e a utilizzarlo in esclusiva, negando le chiavi dell’ascensore a parenti e infermieri. Stefano si era rifiutato di firmare e mi aveva manifestato il suo dolore stupefatto per le soglie di cattiveria a cui può giungere un essere umano. I suoi condomini, scriveva, erano frequentatori assidui della parrocchia. Devoti al prossimo, purché non abitasse a casa loro. Girai la mail alla collega Maria Teresa Martinengo, che scrisse un articolo sul giornale nella speranza che qualcuno si vergognasse. Ma nessuno si vergognò. Per non perdere energie che gli servivano altrove, Stefano accantonò il progetto dell’ascensore e si trasferì nell’appartamento del cugino al pianterreno, dove una morte più misericordiosa degli uomini è venuta a prenderlo ieri mattina.LA STORIA, Gli inquilini negano l’ascensore al giovane malato di tumore di Maria Teresa Martinengo
«Il mio nome è Stefano Martoccia, ho 33 anni, la storia che vi racconto riguarda la mia condizione di disabile e la mancanza di umanità dell’individuo». Ha iniziato così la sua denuncia alla «Stampa» un giovane ingegnere gestionale malato di cancro a cui i proprietari della maggioranza degli appartamenti del condominio negano di installare l’ascensore che gli consentirebbe di abitare nel palazzo di via Le Chiuse, in San Donato, al quarto e ultimo piano dove nel 2011 aveva acquistato casa. «Mia nonna ha vissuto fino a 80 anni senza ascensore: perché un giovane come me dovrebbe fermarsi di fronte a questa mancanza?», aveva pensato Stefano. «Per ironia della sorte, pochi mesi dopo sono cominciati i problemi alla gamba destra che, nel giro di un anno, a causa di una forma rara di tumore, hanno portato all’amputazione. La forza d’animo non mi ha mai abbandonato e con l’aiuto di tutti torno a una vita quasi normale: la protesi mi consente di svolgere le attività quotidiane, ma se non avessi il supporto della mia famiglia e della mia ragazza sarebbe tutto molto complicato». Logico, quindi, che l’ingegnere inizi a sondare la possibilità di installare l’ascensore. La legge è dalla sua parte: l’ascensore può essere installato (a sue spese) anche senza l’ok degli altri inquilini. Ma Stefano Martoccia sceglie di andare comunque in assemblea e la prima risposta pare di relativa apertura. Passa circa un anno, nel frattempo il giovane è sottoposto ad un nuovo intervento, ad altri ricoveri. All’assemblea di settembre è costretto a delegare i familiari. «Dopo mesi di verifiche di fattibilità e preventivi, il condominio - di fatto una persona sola con la maggioranza dei millesimi - sostiene che la mia volontà di procedere dipenda solo da obiettivi speculativi: costruire l’ascensore con incentivi per i disabili, per aumentare il valore del mio alloggio. Probabilmente, poi, avrei acquistato la casa già sapendo che avrei potuto godere di questa “grande fortuna”...». Non basta. I proprietari, per altro bravi cristiani assai attivi in parrocchia, arrivano a chiedere a Martoccia di sottoscrivere una dichiarazione: «Che l’utilizzo dell’ascensore sia solo mio, nemmeno dei miei famigliari. Inoltre, nel momento in cui dovessi vendere la casa - spiega l’ingegnere - dovrei rimuovere l’impianto sostenendo i costi. È vero che la legge è dalla mia parte, ma avrei preferito procedere con il consenso di tutti. Non firmerò nessuna dichiarazione, ma nel caso in cui mi decidessi a dare il via ai lavori so che andrei incontro a ostacoli, cause legali e ostruzionismi vari, già velatamente annunciati. Ma quello che mi fa più male è la totale mancanza di comprensione. Come fa l’essere umano ad essere così poco umano?».
di Maria Teresa Martinengo