Prenditi cura di me / Gli scheletri nell’armadio

Da Aquilanonvedente

Navighicchiando nel sito dell’editore Sellerio, mi sono imbattuto in questo scrittore qui, Francesco Recami.

Insuriosito, ho preso in biblioteca un paio dei suoi libri.

Il primo è stato “Prenditi cura di me“.

Il protagonista del libro, Stefano, è un quarantenne sprofondato nel nulla, un eroe negativo, che a un certo punto si trova a fare i conti con l’anziana madre colpita da ictus.

Stefano stronzo era e stronzo rimane, soltanto più incasinato di prima e con l’obiettivo di fregare i soldi sul conto bancario della madre, per risolvere i suoi problemi.

Ma la madre invece di peggiorare (o morire, circostanza che a Stefano non dispiacerebbe per niente), migliora; migliora al di là di ogni più rosea prospettiva e allora i contrasti tra i due si fanno sempre più pesanti, fino a un finale che mi ha lasciato senza parole (nel senso che non l’ho proprio capito: più aperto di così…).

Quello che mi ha colpito in questo libro è la capacità dell’autore di mettersi nei panni della madre di Stefano, cioè di un’anziana che ha perso la propria autonomia e vede il mondo in un’ottica diversa da “prima”.

Azzeccato anche il profilo di Stefano, uno di quei figli che pensano che arrivati a un certo punto e in certe condizioni, è meglio che i genitori muoiano, così si risparmiano tribolazioni e soldi per badanti e/o case di riposo.

Credo che all’autore non interessasse particolarmente approfondire né la psicologia del figlio stronzo, né quella della madre non più autosufficiente, né quella delle difficoltà di entrambi ad accettare e muoversi nel loro nuovo ruolo. E’ come se la storia “fluttuasse” sugli avvenimenti, come la vita di Stefano, persa tra uno squallido lavoro di corriere per una cooperativa, pagato a cottimo, squallide serate al bar a bere con gli amici, uno squallido appartamento ricavato in un bar  con mega tv da 32 pollici.

Di tutt’altro tenore il secondo libro, “Gli scheletri nell’armadio“.

Si tratta di una specie di poliziesco che ruota intorno a una casa di ringhiera di un paese del basso milanese e ai suoi stravaganti abitatori. Uno di questi si trova inaspettatamente in casa tre scheletri, riportati alla luce da un suo amico durante la risctrutturazione della sua casa di campagna.

La trama è più complessa, in quanto a questa storia se ne intrecciano altre, tutte gravitanti intorno a malintesi, travisamenti dei fatti, erronee interpretazioni di avvenimenti. I dialoghi procedono fluidi, ben miscelati con le parti descrittive, in una sorta di “commedia degli errori” in cui l’autore ogni tanto fa sentire la propria presenza. E alla fine il mistero verrà dipanato per il lettore, non per i protagonisti.

Anche qui però l’intreccio della trama non si sviluppa completamente; è come se le vicende che fanno da corollario a quella principale rimanessero in stand by, come se continuassero a “mordersi la coda” anche dopo la fine della lettura del libro.

Tutto sommato sono contento di avere scoperto questo scrittore. Il secondo libro mi ha strappato qualche risata, che comunque male non fa.