Francesca Comencini
Dopo la consegna del suddetto riconoscimento, che avrà luogo giovedì 26 novembre, alle ore 19.45, sarà presentato l’ultimo film del cineasta britannico, Sunset Song, tratto dall’omonimo classico della letteratura scozzese pubblicato nel 1932 da Lewis Grassic Gibbon.
In occasione del ventennale del Premio Cipputi, che dal 1995 viene attribuito durante il TFF al film che meglio rappresenta il mondo del lavoro, sarà assegnato il Cipputi alla carriera a Francesca Comencini, vincitrice nel 2007 con In fabbrica, un affettuoso mosaico di volti e dialetti che riscopre con intelligenza un patrimonio umano e culturale attraversando un’Italia nascosta, dal Sud al Nord, dal dopoguerra a oggi.
Insieme a In fabbrica, verranno proiettati tre cortometraggi recenti dell’autrice, Nuove terre – Cascina Carlo Alberto (2015), Nuove terre – Orto dei ragazzi (2015), Nuove terre – Tenuta della Mistica (2015).
La direzione artistica del Festival è affidata per il secondo anno consecutivo ad Emanuela Martini, che nelle scorse edizioni ha affiancato i direttori Nanni Moretti, Gianni Amelio e Paolo Virzì e dei quali, come era sua intenzione, è riuscita a mantenere nell’ordine rigore, passione e spirito pop cui ha aggiunto una sempre viva curiosità volta alla continua e concreta ricerca di qualcosa di nuovo, fra sperimentazioni, commistioni e ritorni al passato.
Julien Temple
Guest Director è invece Julien Temple, il regista britannico “inventore” del video musicale come forma d’arte e autore di numerosi film documentari e di finzione, che presenterà Questioni di vita o di morte, una selezione di film ispirati al suo nuovo lavoro The Ecstasy of Wilko Johnson, un racconto, attraverso le parole del protagonista e un montaggio di immagini tratte da film, concerti, cinegiornali, dell’esperienza umana e psicologica di Wilko Johnson, il frontman della rock band britannica Dr.Feelgood.
La principale sezione competitiva del Festival resta Torino 33, riservata ad autori alla prima, seconda o terza opera e presenta quindici film realizzati nel 2015, inediti in Italia; i paesi rappresentati sono: Argentina, Belgio, Bosnia, Brasile, Canada, Cina, Croazia, Danimarca, Francia, Italia, Libano, Messico, Portogallo, Siria, Stati Uniti, Svizzera, per una selezione incentrata sul cinema “giovane”, rivolta alla ricerca e alla scoperta di talenti innovativi, idonei ad esprimere le migliori tendenze del cinema indipendente internazionale.
Quattro i titoli italiani: Colpa di comunismo, opera terza di Elisabetta Sgarbi; Mia madre fa l’attrice, opera seconda di Mario Balsamo; I racconti dell’orso di Samuele Sestieri e Olmo Amato e Lo scambio di Salvo Cuccia, tutti e tre autori esordienti.
Infine, un ricordo di Chantal Akerman.
Riguardo Italiana Corti, è il concorso riservato a cortometraggi italiani inediti, caratterizzati dall’autonomia e originalità di linguaggio. I corti sono piccoli film dal punto di vista della durata, ma hanno lo stesso valore dei fratelli maggiori, anzi, spesso nella loro realizzazione ci si può permettere una libertà e un’audacia che il lungometraggio rischia di imbrigliare nelle ragioni produttive e distributive. Gli 11 titoli scelti sottolineano la libertà e il coraggio che caratterizzano in modi e forme diverse ciascuno dei film in concorso. Onde è invece quella sezione volta ad esplorare territori disattesi, sfidando le punte estreme del linguaggio filmico, quelle capaci di portare avanti discorsi autoriali liminari, un “gioco” che ora si spinge in un intreccio di meridiani che toccano le zone identitarie più critiche della vecchia Europa (Portogallo, Paesi Baschi, Grecia, Scozia) tanto quanto le Americhe (tra Usa e Brasile, Argentina, Colombia) e i sud asiatici (dalle Filippine alla Tailandia e Cambogia).
Spazio Torino presenta i migliori cortometraggi realizzati da cineasti nati o residenti in Piemonte, un’area geografica da sempre caratterizzata da un’intensa attività cinematografica.
I quattro titoli in concorso rappresentano un esempio di cinema indipendente estremamente raffinato e la loro proiezione sarà preceduta da Neve Rosso Sangue di Daniel Daquino, un’occasione per ridare corpo cinematografico all’importante storia partigiana del Piemonte.
Un discorso a parte merita TorinoFilmLab, nato nel 2008 dal desiderio di affiancare al Torino Film Festival un laboratorio dedicato a talenti, grazie al sostegno del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, della Regione Piemonte, della Città di Torino, del Museo Nazionale del Cinema e della Film Commission Torino Piemonte ormai consolidatosi come una vera e propria comunità creativa che sostiene giovani filmmaker di tutto il mondo – con un’attenzione particolare a opere prime e seconde – attraverso attività di formazione, sviluppo, e finanziamento alla produzione e alla distribuzione. Dall’anno della sua creazione ad oggi, grazie alle varie attività, sono stati assegnati più di 35 premi a sostegno della produzione di progetti sviluppati nei suoi programmi, per un totale di 43 film. Il 2015 rappresenta un traguardo particolarmente importante, grazie a 15 film realizzati, selezionati per partecipare ai più prestigiosi festival del mondo.
Emanuela Martini
Infine, ecco la splendida retrospettiva Cose che verranno. La Terra vista dal cinema, curata da Emanuela Martini, la quale così ha spiegato il titolo: “Cose che verranno, cioè, la traduzione letterale di Things To Come (in italiano, La vita futura o il più catastrofico Nel 2000: guerra o pace?), film diretto nel 1936 da William Cameron Menzies che H.G.Wells adattò dal suo libro The Shape of Things to Come, nel quale ipotizzava cosa sarebbe avvenuto in una città immaginaria dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale. E La Terra vista dal cinema, che ovviamente fa risuonare Le voyage dans la lune di Méliès e il romanzo di Verne Dalla terra alla Luna al quale si ispira (e sotterraneamente La Terra vista dalla Luna di Pier Paolo Pasolini, surreale, straccione futuro-presente): perciò, visioni futuribili, più o meno ironiche, più o meno fantasiose, più o meno scientifiche, dove il cinema diventa il cannocchiale che, con la sua distanza ravvicinata, può consentirci di ipotizzare quello che accadrà a due passi o a due secoli da noi. Ma c’è un terzo titolo, che è passato direttamente al libro che accompagna questa retrospettiva: Pecore elettriche, che dovrebbe essere letto: Ma gli umani sognano pecore elettriche?. Ovvia parafrasi del titolo originale del racconto di Philip K. Dick dal quale Ridley Scott trasse nel 1982 Blade Runner: Ma gli androidi sognano pecore elettriche? Non so cosa sognino gli androidi (o automi o replicanti o robot o cyborg o…), ma sono abbastanza convinta che gli uomini oggi sognino davvero le pecore elettriche; anzi, che abbiano (abbiamo) cominciato a sognarle molto tempo fa, sotto forma di macchine di varia specie e natura e poi di doppleganger fatti di carne e plastica e circuiti e di avatar virtuali. Sogniamo quello che non siamo; viviamo quello che non viviamo”.