Si scopre ora che gli incendi non scoppiavano per effetto dell’autocombustione. Si scopre ora che in Valle c’è “un substrato culturale di stampo mafioso“, eppure questo lo aveva già scoperto diverso tempo fa Mario Vaudano, procuratore capo ad Aosta dall’89 al 94. “La mentalita’ e’ quella mafiosa, anche se qui ci sono stati meno morti, meno attentati. La presenza di fatti di corruzione e di distribuzione di denaro così estesi ha aumentato la somiglianza. Non essendoci una fonte produttiva, ma una mera distribuzione di denaro, l’accordo per la spartizione di soldi e di posti è diventato la regola.”. A distanza di anni il tenente colonnello dei Carabinieri, Cesare Lenti, conferma quelle parole: “Ciò che ci preoccupa di più, in questa storia, è l’omertà assoluta in cui è stata affogata dalla gente che è stata coinvolta o che semplicemente sapeva. Vorremmo che ci fosse una reazione sociale rispetto a questa tipologia di eventi, e non solo paura”. (aostasera.it) Non più tardi di qualche mese fa la dichiarazione dell’ex consigliere regionale ed ex presidente della Commissione speciale antimafia, Diego Empereur (Uv): “Non bisogna far calare l’attenzione su questo fenomeno, ma neppure lanciare allarmi esagerati”. Empereur riconosce l’influenza di grandi famiglie della ‘ndrangheta, ma abbassa i toni. Ammorbisce. Come non ricordare l’affermazione di Giovanni Aloisi riguardo all’intervista rilasciata da Vaudano sulla sua esperienza in Valle: “Certo possono esserci anche in Valle d’ Aosta dei calabresi che vivono o si comportano ai limiti della legalita’ ma sono solo una striminzita minoranza, forse addirittura non residente… ” Minimizza. E quella di François Stevenin: “Chiaberge – il giornalista che ha firmato l’articolo-intervista- fa delle mere supposizioni, per supportare il suo astio contro la regione. Questo non e’ vero giornalismo, ma soltanto un poco nobile tentativo di fare un processo alle intenzioni altrui e di infangare la reputazione di una intera Comunita’ . Penso che si sia superato ogni limite e che anche nelle aree piu’ tragicamente mafiose, non verrebbe accettata una simile generalizzazione. Tanto meno nella nostra Regione ove il fenomeno mafioso e’ del tutto marginale e circoscritto a pochi episodi. “. Sminuisce. Toni accesi sono invece quelli del comandante dei Carabinieri, Massimiliano Rocco, parole che esprimono seria preoccupazione: “Abbiamo scoperto un substrato culturale di stampo mafioso incredibile. E’ emerso un quadro inquietante, in cui appare evidente il collegamento diretto con famiglie calabresi legate all’ndrangheta“. La presenza della criminalità organizzata si scopre ora e meno male. Ma molti di noi già sapevano, non le istituzioni che ci hanno sempre confortato, cullato nell’illusione di vivere in un’oasi di pace. Noi lo sapevamo, ma non avevamo le prove. Ora queste ci sono. Che i politici si adeguinino