1984, Londra. Un corteo di gay e lesbiche solidarizza con i minatori in sciopero contro i tagli della Thatcher. Iniziano quindi a raccogliere soldi per i “compagni” lavoratori e mettono su un vero e proprio movimento, i LGSM (Lesbians and Gays Support The Miners). Si stringono così attorno ad un villaggio del Galles abitato prevalentemente da minatori, i quali, dopo un’iniziale diffidenza, accettano l’aiuto, coscienti che l’unione fa la forza…
Diciamolo subito: Pride è un piccolo miracolo, un piccolo capolavoro, con un potenziale enorme. La brillante sceneggiatura di Stephen Beresford e la regia di Matthew Warchus sono un’accoppiata perfetta, di quelle che fanno scintille, che sanno dove far rifiatare il film e il pubblico, che sanno essere poetiche e divertenti, mai stucchevoli né eccessive. Pride è davvero un film “gaio”, cioè felice, allegro, brioso, colorato, con tanto di una pregevole cura filologica dei costumi e degli ambienti in pieno stile anni ’80. Pride riporta in auge la grande commedia inglese di quel lustro a cavallo tra fine anni Novanta e primi anni Duemila, quella de L’erba di Grace di N.Cole e Svegliati Ned di K.Jones. Di quel cinema riprende ed rende ancora più maestosi i paesaggi d’Inghilterra e Galles, con l’ulteriore merito di mostrarci la bella Gran Bretagna nel suo freddo e seducente splendore invernale.
Pur avendo a che fare con un tema delicato, Pride è un film garbato, da bollino verdissimo, un film per ridere tutti insieme appassionatamente e riflettere su un pezzo di Storia molto importante.
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