Prima della crescita: misure urgenti per il sostegno della domanda

Creato il 13 maggio 2013 da Sviluppofelice @sviluppofelice

Continuano gli interventi chiesti ad alcuni economisti su 5 o 6 politiche per rilanciare la crescita e L’OCCUPAZIONE PRODUTTIVA in Italia. Sono state già pubblicate le risposte di Paolo Pini, Paolo Pettenati, Marcello Messori, Vera Negri Zamagni. 

Oggi pubblichiamo la prima parte della risposta

 di Lilia Costabile

 Prof. ordinario di Economia politica, Università Federico II di Napoli

Le misure urgenti, preliminari al rilancio della crescita, hanno carattere di emergenza, e si possono ridurre a una sola: rilanciare la domanda interna, anche in considerazione del fatto che le nostre esportazioni, finora l’unico traino alla produzione nazionale, hanno cominciato a cedere.

Il disastro occupazionale che risulta dalla perdurante carenza di domanda è ben noto. Alla luce di questi andamenti, e proprio in difesa del progetto europeo e a salvaguardia dell’euro, occorre ottenere un cambiamento di segno della politica fiscale, e sostenere al contempo il segno espansivo di quella monetaria, che sta reggendo da sola tutto il peso della battaglia contro la disgregazione di “Eurolandia”.

Bisogna, in via preliminare, assumere un diverso atteggiamento in Europa, per allentare i vincoli di finanza pubblica. Non si tratta di negare l’esigenza del risanamento, specie in un Paese come il nostro, gravato dal peso di un grande debito pubblico,ma di riconoscere che il rigore è attualmente un cane che si morde la coda, come nei fatti, se non nelle parole, ha riconosciuto la stessa Commissione Europea allorché ha concesso, a riconoscimento delle misure di risanamento già avviate, una dilazione al raggiungimento dell’obiettivo di un rapporto deficit/Pil pari al 3% al Portogallo (che è al 4.1%), alla Francia (4.8%) e alla Spagna (10.6%). A fronte di questi dati, si discute in questi giorni se il rapporto in Italia sia al 2.9%, come in precedenza previsto da Monti, o invece al 3.3%, come sostiene l’OECD. Si è avuta nei mesi scorsi la sensazione che il Governo,per motivi di reputazione, volesse a tutti i costi uscire subito dalla procedura di deficit eccessivo, anziché chiederne una dilazione, come gli altri hanno chiesto e ottenuto. È una preoccupazione onorevole, certo, ma, se il vincolo non sarà centrato, o rimosso, dovranno essere sacrificate anche misure riconosciute unanimemente come ineludibili, oppure esse spiazzeranno la spesa in altri settori, con effetti espansivi nulli.

Per esempio, anche la pura e semplice applicazione del decreto sui pagamenti inevasi della PA verso le imprese, indispensabile per avviare la ripresa, secondo gli impegni assunti richiederà tagli in altri settori se si supererà il limite del 3%. Più in generale, qualunque misura espansiva verrebbe a infrangersi contro questo vincolo, almeno nelle more di tagli alla spesa, che d’altronde saranno accettabili solo se colpiranno sprechi effettivi e non spese necessarie. Tra queste, nell’immediato bisogna ricordare il rinnovo della cassa integrazione in deroga, una soluzione del problema degli esodati e poi, non meno importante, la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro.

Un’altra notazione su questo punto riguarda il fatto che il nostro Paese (tranne che nel 2003, 2004 e 2005) è permanentemente in avanzo primario, e che il deficit complessivo è dovuto al pagamento degli interessi sul debito: un segnale di “virtù” fiscale che pochi Paesi in Europa possono esibire.

Quanto al vincolo di pareggio di bilancio introdotto in Costituzione dal precedente parlamento, con un voto frettoloso e senza un tassativo mandato europeo, la sua limitazione al bilancio corretto per il ciclo economico non elimina l’ipoteca sulle prospettive di crescita, perché tale vincolo potrebbe divenire operativo ai primi segnali di ripresa dalla nostra lunga recessione (cioè dopo un paio di trimestri caratterizzati da un segno + davanti al PIL), pur in presenza di tassi di crescita prossimi allo zero come quelli registrati in Italia per oltre un decennio. In ogni caso la valutazione di merito viene affidata ad un nuovo organismo indipendente (con un bilancio previsto dalla nuova legge costituzionale pari a 6 milioni di euro annui, a carico del Ministero dell’Economia e, in maggior misura, di quello del Lavoro e delle Politiche sociali). Occorrerà aprire un dibattito pubblico sulle valutazioni di questi esperti, oltre che, ancor prima, sulla compatibilità tra il principio del pareggio di bilancio e la garanzia “dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali” richiamato dalla Costituzione anche nel nuovo articolo.

Allentare il vincolo sulla politica fiscale significa non solo consentire di affrontare l’emergenza, ma anche creare lo spazio per una ripresa degli investimenti, e quindi per la crescita, di cui parleremo nella seconda parte di questo post.


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