Il lettore, legge per uno specifico motivo. Meglio ancora: legge “questo” invece di “quello” perché trova nella scrittura di un certo autore, un ottimo motivo per dargli fiducia e dire: “Sì. Raccontami questa storia”.
Come? Ho scoperto l’acqua calda? Può darsi. Se così fosse non si capirebbe però per quale ragione ovunque o quasi, è un fiorire di:
“È una storia che rompe gli schemi”
“Sembra la solita storia, ma in realtà è ben altro”
“Venderà tantissimo”.
Queste, e altre affermazioni del genere, mi pare che spostino l’attenzione al di fuori della storia, invitando a prestare attenzione non alle parole, ma a quello che potrebbe provocare se.
Prima le parole, la storia, e poi chissà: ecco, questo potrebbe essere il modo migliore per avvicinarsi alla scrittura.
La relazione d’amore tra lettore e autore è una delle più tormentate, questo si sa. Siccome il secondo non sa cosa deve combinare per far scattare la scintilla, spesso e volentieri si lancia in tentativi ed esperimenti, oltre ad imboccare strade, che non lo condurranno da nessuna parte.
La scrittura si fa con le parole.
Bada a loro, e del resto non preoccuparti troppo, perché nessuno è in grado di dire cosa accadrà. Nemmeno un editore.
È vero: spesso la scelta del lettore è balorda, e premia dei mediocri.
Quindi?
Nessuno ti chiede di scalare una montagna, e se decidi di farlo è una tua scelta che potrebbe anche portarti alla morte. Oppure al fallimento: scali, e a 80 metri dalla vetta devi tornare indietro. Non basta far mostra di piccozze, scarponi e corde per prevalere sulla montagna.
Ricorda solo che scrivere ha a che fare con il raccontare delle storie. Non il tuo punto di vista, la tua ideologia, il mondo come vorresti che fosse.
Le storie.
È più difficile di quel che sembra. Infatti la maggior parte di quello che si vede e si legge in giro, è aria. O ideologie spacciate per storie.