Primi passi

Creato il 20 marzo 2015 da Propostalavoro @propostalavoro

La partenza non è male: 76 mila domande di accesso ai benefici della Legge di Stabilità nel solo mese di febbraio, ancor prima dell'entrata in vigore del contratto a tutele crescenti. A dare le prime stime – ancora ufficiose -, sugli effetti del Jobs Act, è il Presidente dell'Inps Tito Boeri, ostentando un cauto ottimismo, conscio che siamo solo agli inizi.

Non è tutto oro quel che luccica, infatti: delle 76 mila richieste, ben 50 mila riguardano la stabilizzazione di personale precario e solo 26 mila (circa 1/3 del totale) si riferiscono a nuove assunzioni. Un po' poco per poter parlare di "svolta" o di "primo passo per uscire dalla crisi", come hanno trionfalmente sostenuto molti fan del provvedimento.

Più che altro, questi dati testimoniano come le aziende abbiamo sì bisogno di assumere (stabilizzazione dei precari), ma siano ancora troppo timorose per il futuro, causa l'onnipresente ombra della crisi economica (bassa percentuale di nuove assunzioni).

Inoltre, dimostrano come, a frenare le assunzioni, sia – da sempre – l'eccessiva pressione fiscale (altro che rigidità del mondo del lavoro o Articolo 18): sparite un po' di tasse, ecco che, magicamente, si torna ad assumere a tempo indeterminato.

Insomma, il cammino è tracciato, ma sarà tutt'altro che facile percorrerlo, soprattuto perchè sono ancora tanti i puntini da mettere sulle "i".

Non bisogna dimenticare, infatti, che la riforma renziana è ben lungi dall'essere completa: manca, ancora, il reddito minimo; manca la riforma dei Centri per l'Impiego; mancano certezze sui fondi per la nuova indennità di disoccupazione Naspi. Tutti problemi non da poco ed è per questo, penso, che il grande errore sia stato fare del Jobs Act uno spezzatino.

Ci troviamo a vivere in un interregno, in una sorta di terra di nessuno dove niente è certo: la Naspi sostituisce da subito l'Aspi? Come, se, testo alla mano, è previsto l'accesso alla nuova indennità, solo dietro approvazione e sotto controllo (ricerca attiva di un nuovo posto di lavoro e/o partecipazione a corsi di formazione professionale) dei nuovi Centri per l'Impiego, non ancora esistenti? E cosa sostituirà i contratti a progetto, ammesso e non concesso che spariscano davvero del tutto?

Sarebbe stato molto meglio, per il bene del Paese (un po' meno per la continua ricerca di consenso, da parte del politico), preparare il Jobs Act nel suo insieme e farlo partire in toto o, tutt'al più, scegliere e indicare – e soprattutto rispettare – le diverse tappe del suo percorso.

Intanto, nonostante le difficoltà, le previsioni restano ottimistiche: la Fondazione dei Consulenti del lavoro stima, per i prossimi mesi, assunzioni per 275 mila lavoratori, di cui, però, ben l'80% riguarderà la stabilizzazione di contratti precari. Il Ministro dell'Economia Padoan, invece, arriva ad indicare in 800 mila i nuovi posti di lavoro, per i prossimi tre anni.

Tutto bene, quindi? Insomma: secondo l'Ufficio parlamentare del bilancio, anche di questi 800 mila nuovi posti di lavoro, circa la metà saranno  stabilizzazioni, riducendo al minimo l'impatto sulla disoccupazione. Inoltre, al termine dei tre anni di incentivo, nulla vieta all'azienda di licenziare il lavoratore ed assumerne un altro con le stesse modalità.

Per finire, si stima che, da qui a tre anni, saranno oltre 7 i miliardi di euro che lo Stato dovrà sborsare, per coprire i contributi non più versati dalle imprese. Una bella botta, per le nostre casse esangui.

Per dirla tutta, non bisogna farsi prendere da eccessivo entusiasmo, ma neanche lanciarsi in previsioni apocalittiche: in tempi di crisi e di disoccupazione record, meglio non fare gli schizzinosi ed incassare questi 76 mila posti di lavoro. In fondo, sono solo i primi passi.

Danilo