Al simposio di Sydney sulla traduzione letteraria lo scorso ottobre, con mia grande sorpresa, Esther Allen raccontava del fenomeno a Olivia E. Sears. E ovviamente mi sono subito unito al dibattito, piuttosto sorpreso e divertito all’idea che quell’impertinente quanto travolgente canzone registrata quasi trent’anni fa potesse suscitare un dibattito fra studiosi della traduzione. Tuttavia mi sono rapidamente reso conto che in effetti il pezzo è un’ottima scusa per porsi alcune questioni linguistiche.
Naturalmente lo si può prendere come un divertissement senza pretese, oppure considerarlo un pezzo sull’incomunicabilità, come ha detto lo stesso Celentano.
Da musicista dilettante, so bene che l’italiano ha parole troppo lunghe e manca di parole tronche, e di conseguenza è tutt’altro che ideale per il rock ‘n’ roll.
Comunque la si voglia vedere, dietro il finto inglese di Celentano è facile individuare anche un rapporto di potere sbilanciato fra lingue e culture. Si tratta di un fenomeno che è nato ben prima di Prisencolinensenainciusol, basti pensare a Un americano a Roma (1954):
Soprattutto, il fenomeno va certamente al di là delle questioni meramente fonetiche. Sin dalla fine della seconda guerra mondiale, con il sempre crescente predominio culturale del mondo anglofono sull’Europa moderna, l’inglese ha rappresentato per generazioni di giovani modernità e progresso. Gli europei lo usano spesso per sembrare più cosmopoliti, meno provinciali. Qualcosa di simile, su scala più piccola, avviene, ad esempio, per l’italiano e il francese, usati molto spesso nei paesi anglosassoni per dare lustro ai prodotti alimentari o di abbigliamento.
Un’altra conseguenza interessante dell’articolo su BoingBoing è stato l’emergere di almeno due video nei quali si cerca di dare un senso al nonsenso, con sottotitoli che cercano di approssimare il farfugliare di Celentano ad un inglese più o meno plausibile. Non c’è bisogno di sottolineare che ne sono nati dei versi alquanto originali:
Ovviamente non ci sono dubbi sul fatto che Celentano semplicemente scimmiottasse l’inglese (e l’estetica impossibilmente cool del rock ‘n’ roll) senza dire nulla di sensato, così come Kramer’s scimmiotta l’italiano e l’opera in Seinfeld:
In ogni caso torniamo alle domande che ci siamo posti a colazione con Esther e Olivia: cosa dobbiamo vedere in Prisencolinensinainciusol? Un semplice scimmiottare senza pretese? Addirittura una presa in giro, magari? Oppure la preoccupante conseguenza di un imperialismo culturale che porta a sforzi quasi grotteschi di colmare il divario fra dominatori e dominati, spazzando via identità culturali e nazionali? Non c’è una risposta facile, e molto probabilmente si tratta del solito mosaico di fattori, ma si tratta senza di un dubbio di un dibattito interessante, e l’idea che sia sorto da un video del Molleggiato dimostra ancora una volta che le questioni linguistiche non sono soltanto noiose minuzie per pochi addetti ai lavori.
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